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Due missioni della Nasa su Venere entro il 2030 VIDEO

Due missioni della Nasa su Venere entro il 2030 VIDEO

Si chiamano Veritas e Davinci+, una parla italiano

04 giugno 2021, 09:16

Redazione ANSA

ANSACheck

Immagine composita del pianeta Venere ottenuta dai dati delle missioni Magellan e Pioneer Venus Orbiter (fonte: NASA/JPL-Caltech) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Immagine composita del pianeta Venere ottenuta dai dati delle missioni Magellan e Pioneer Venus Orbiter (fonte: NASA/JPL-Caltech) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Immagine composita del pianeta Venere ottenuta dai dati delle missioni Magellan e Pioneer Venus Orbiter (fonte: NASA/JPL-Caltech) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Venere è l'obiettivo di due missioni della Nasa previste tra il 2028 e il 2030 per studiare l’atmosfera e il funzionamento interno del pianeta per verificare se è effettivamente "un mondo abitabile perduto". Si tratta ciioè di capire se il pianeta è ancora geologicamente attivo e se in passato aveva un oceano.  Alla prima, Veritas (Venus emissivity, radio science, insar, topography, and spectroscopy), partecipa anche l'Italia, con Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e Università Sapienza di Roma; la seconda missione si chiama e Davinci+ (Deep atmosphere Venus investigation of noble gases, chemistry, and Imaging). Entrambe le missione fanno parte del Discovery program della Nasa e sono gestite dal Jet propulsion laboratory (Jpl).

Le due missioni dirette a Venere



E' una sfida tecnologica perché le sonde dovranno resistere alle temperature estreme di Venere e alla sua elevata pressione atmosferica, responsabile dell'infernale effetto serra del pianeta, ma vale la pena affrontarla perchè i dati delle due missioni permetteranno di comprendere meglio la formazione e l'evoluzione della Terra e in generale dei pianeti rocciosi in orbita attorno ad altre stelle.

Il 'mondo perduto' di Venere



L’Italia, che partecipa alla missione Veritas attraverso una partnership tra ASI e JPL, ha responsabilità di tre strumenti: il trasponditore IDST (Integrated Deep Space Transponder) necessario per garantire le comunicazioni e per eseguire gli esperimenti di radioscienza per studiare la gravità del pianeta , la parte a radiofrequenza del VISAR (Venus Interferometric Synthetic Aperture Radar) per studiare la morfologia il vulcanismo, e l’antenna HGA (High-Gain Antenna). "L’Italia contribuirà in maniera determinate ai temi scientifici principali della missione, senza trascurare il contributo tecnologico delle parti di nostra responsabilità che sono stati individuati grazie all’esperienza maturata su altre collaborazioni con il JPL come Cassini e Juno”, osserva Barbara Negri, responsabile dell’unità Volo Umano e Sperimentazione Scientifica dell'ASI.

“Questa sarà un’opportunità unica per poter studiare l’attività geologica del pianeta e verificare se Venere è attualmente attivo”, rileva l'esperto di geologia planetaria Gaetano Di Achille, dell’INAF. “La strumentazione a bordo ci permetterà di avere una visione senza precedenti del pianeta e delle sue variazioni intercorse dalla visita delle ultime missioni, Magellan della NASA e Venus Express dell’ESA”.

Partecipa alla missione anche il gruppo di ricerca dell’Università Sapienza di Roma guidato da Luciano Iess, del dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale della Sapienza. “La forte presenza italiana nel team scientifico che ha portato alla selezione di VERITAS - rileva Iess - rappresenta un ulteriore esempio del ruolo della nostra università nella ricerca spaziale e nell’esplorazione del sistema solare. Questa missione ci permetterà di dare risposta a interrogativi che sono ormai rimasti aperti troppo a lungo”. 

Nel gruppo scientifico di VERITAS, il gruppo coordinato da Iess (Co-Lead è composto da giovani ricercatori del Centro di Ricerca Aerospaziale Sapienza (CRAS), del Dipartimento di Ingegneria meccanica aerospaziale (DIMA) e del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Elettronica e Telecomunicazioni (DIET). I ricercatori del CRAS-DIMA (Gael Cascioli, Fabrizio De Marchi, Paolo Racioppa), hanno condotto, attraverso simulazioni numeriche, la definizione dell’esperimento di gravità, dedicato alla determinazione della struttura interna del pianeta. I ricercatori del DIET (Roberto Seu e Marco Mastrogiuseppe, Co-Lead del radar VISAR) hanno contribuito allo sviluppo di tecniche di elaborazione dei dati del radar ad apertura sintetica, con lo scopo di individuare la presenza di processi geologici superficiali recenti. Gaetano di Achille, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, completa la partecipazione italiana con le competenze sulla struttura geologica del pianeta. 

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