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Amo fare la guardia medica, ma ogni turno è una roulette russa

Sono stata minacciata con una pistola, però non ho perso la gioia di lavorare

Redazione ANSA ROMA

 Reazioni allergiche, medicazioni, malattie respiratorie, gastroenteriti: nell'arco di una notte affronta decine di problemi di salute diversi e i suoi pazienti sono adulti, anziani, bambini. Ombretta la guardia medica ha iniziato a farla 12 anni fa e ancora non perde la gioia di sentirsi utile per i pazienti che la contattano tra il tramonto e l'alba. Ma ogni notte, prima di iniziare il turno, si ripresenta la stessa paura, dopo l'aggressione a mano armata subita nel 2017. "Solitudine e isolamento sono la quotidianità. I miei colleghi dicono che ogni turno è come una roulette russa", racconta.
   

La passione per la medicina non è nata da piccola e non è un'eredità di famiglia. "Iniziai a desiderare di fare questa professione durante l'adolescenza, quando conobbi un ragazzo che, a causa di una rara malattia ereditaria aveva perso quasi tutta la sua famiglia". Ombretta ha 41 anni e lavora oggi nella sede di Continuità Assistenziale di Alberobello, in provincia di Bari. Turni di notte, pre-festivi e festivi: siamo quelli che subentrano al medico di famiglia quando termina il suo orario di servizio. Dopo la laurea in medicina ho scelto una specializzazione in genetica medica e mi occupavo di diagnosi prenatale, ma mi sono resa conto di voler tornare al contatto diretto con i pazienti. Ho scelto quindi di fare il corso di formazione in medicina generale. Dal luglio 2007 ho svolto guardie mediche in modo occasionale e da tre anni in modo continuativo.

"Il bello di questo lavoro è sapere di essere un punto di riferimento, soprattutto nelle piccole realtà. I contro sono l'isolamento e la solitudine. Lavoriamo in posti sperduti, dove di notte non c'è nessuno. Nelle zone periferiche della città come nei paesi di campagna, senza videosorveglianza, senza infermieri, senza vigilantes". Ombretta cura problemi di salute non urgenti ma comunque non differibili, evitando alle persone di finire al Pronto Soccorso: dalle punture di insetti, al mal di orecchie o la febbre. E fa le visite domiciliari. "Ci troviamo ad andare da soli a casa di sconosciuti, in piena notte anche. La paura è una compagna di viaggio quotidiana, la consapevolezza che qualcosa può andare storto fa parte del nostro stato d'animo quando facciamo ogni turno, non sai mai cosa ti può succedere. E questo è vero soprattutto, ma non solo, per le donne, che sono tantissime".
    E' in una notte qualsiasi, di fine febbraio 2017, mentre lavorava al presidio di Statte in provincia di Taranto, che Ombretta si è trovata puntata una pistola addosso. "Un episodio tutt'altro che inatteso visto che da mesi l'uomo, un pregiudicato, veniva a chiedere insistentemente la prescrizione di antidolorifici, fino a quando, dopo l'ennesimo rifiuto ha dapprima tentato di sfondare la porta e il giorno dopo mi ha aspettato con un'arma in mano perché non avevo accontentato le sue richieste, che erano assolutamente inappropriate. Quella sera ho chiuso l'ambulatorio con uno stato d'animo indescrivibile, ho finito di visitare i pazienti che nel frattempo erano giunti in sala d'attesa. Sono quindi andata dai Carabinieri a denunciare". Ma per uno che denuncia, tantissimi sono quelli che tacciano.
    "Ho cercato di tornare subito a lavorare, più che con paura, con rabbia. I primi turni sono stati drammatici, poi sono riuscita a farmi trasferire presso la Asl di Bari. Nonostante questo, soprattutto da madre di due bimbe, pensare al rischio che corro andando a lavorare, mi costa ancora molto". Ma conosce le gioie che questo lavoro può dare, soprattutto quando si ha la possibilità di lavorare in un piccolo paese. "Mi capita spesso di visitare a casa persone anziane e mi sento un po' come un medico del secolo scorso. Ne nasce un rapporto fatto di confidenza, di rispetto e gratitudine: in paese si può trovare ancora quello che in molti presidi cittadini si è perso".
    (ANSA).
   

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