Luogo di socializzazione e confronto l'Associazione Libellule onlus accoglie donne che hanno vissuto l'esperienza di un tumore, da quello del seno a quello dell’ovaio, dall’endometrio alla cervice uterina. Un impegno che ha portato il loro progetto "Tornare a volare" a ricevere quest'anno il premio in occasione della decima edizione del Bando 'Community Award program' di Gilead Sciences.
A fondare l'associazione, che ha sede a Milano, Paola Martinoni, medico chirurgo e oncologa, la cui lunga esperienza presso la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori l'ha messa a contatto non solo con patologie, ma anche con i problemi psicologici, spesso sottovalutati, a cui vanno incontro le donne che ricevono una diagnosi di tumore. "La nostra associazione - sottolinea Martinoni - si occupa di sensibilizzare alla prevenzione e al controllo periodico, unici strumenti di diagnosi precoce, ma non si ferma qui. Il cancro può uccidere in tanti modi. Per questo, ci dedichiamo soprattutto al 'dopo', un momento delicato e spesso più faticoso della malattia stessa, in cui la donna spesso si ritrova da sola ad affrontare il difficile periodo del post cure e caratterizzati anche dai lunghi tempi d'attesa nei controlli di follow-up con cui bisogna fare i conti, anche a causa della pandemia. Con l'associazione la prendiamo per mano e la accompagniamo in questo cammino, molto provante a livello fisico ma anche emotivo". Un percorso di accompagnamento di cui avrebbero bisogno moltissime donne.
Secondo i dati dell'Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum), il tumore della mammella rappresenta il 30% di tutti quelli femminili. Nel 2020 sono stati stimati circa 55mila casi nel nostro Paese, con 12.300 decessi, mentre sono 834.200 le donne viventi in Italia dopo la diagnosi. Più difficile da curare, il tumore ovarico è considerato uno dei 'big killer' tra le neoplasie ginecologiche: le nuove diagnosi stimate nel 2020 sono state 5.200 e i decessi 3.000. Costituisce solo il 3% di tutte le diagnosi di tumore nelle donne ma la percentuale di sopravvivenza a 5 anni è del 40%, anche a causa della mancanza di screening in grado di individuarlo precocemente.
In collaborazione con:
Gilead