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Emicrania non fa discriminazioni, l'accesso a farmaci sì

Per minoranze etniche meno diagnosi e cure. E esclusi da ricerca

ROMA ANSAcom

Il mal di testa non fa distinzioni e colpisce in modo 'democratico' i più e i meno benestanti. Lo stesso, però non può dirsi per le cure. Esistono, infatti, disparità significative in base all'etnia e al livello socioeconomico nella diagnosi e nel trattamento. Questo uno dei temi affrontati durante simposio "Envisioning a More Inclusive, Diverse and Equitable Global Migraine Landscape: Are We Making Progress?", organizzato da Teva, nell'ambito del 25/mo Congresso mondiale di neurologia.
Per ricevere cure per i disturbi della cefalea, i pazienti devono poter ricevere una diagnosi e un piano di trattamento appropriato. Tuttavia, ad ottenerli sono solo il 26% dei pazienti con emicrania episodica e meno del 5% di quelli con emicrania cronica. A evidenziarlo, una revisione sistematica della letteratura condotta dalla facoltà dell'UT Southwestern Medical Center, pubblicata su Neurology, la rivista scientifica dell'Accademia americana di neurologia. Dall'esame di circa 50 studi è emerso che, sebbene la prevalenza di chi soffre di emicrania sia generalmente simile tra le popolazioni bianche (15,5%), afroamericane (15%) e ispaniche (14,9%), il grado in cui ciascuna popolazione riceve cure appropriate è molto diverso. Afroamericani e ispanici, ad esempio, hanno il 25% e il 50% in meno di probabilità di ricevere una diagnosi di emicrania rispetto ai bianchi e sono sottorappresentati negli studi clinici in ambito neurologico. A pesare è anche dove si vive: chi risiede in zone rurali sperimenta tempi di attesa più lunghi per ottenere un trattamento. Il problema riguarda in parte anche l'Italia, soprattutto per la profilassi degli attacchi.
Quando si parla di terapia per l'emicrania, spiega Cristina Tassorelli, ordinario di Neurologia presso l'Università di Pavia e presidente della International Headache Society (IHS), "bisogna distinguere in farmaci per la prevenzione degli attacchi e farmaci che riducono i sintomi durante l'attacco. Per quanto riguarda l'Italia, il secondo gruppo è utilizzato da quasi tutti i pazienti. Mentre la terapia di profilassi solo da una minoranza, pari a circa il 10% degli emicranici, quando invece sappiamo dai dati di prevalenza che la percentuale di chi avrebbe le caratteristiche per avervi accesso (pazienti per i quali non sono più individuabili altri farmaci efficaci in regime di rimborsabilità) è pari a circa il 30%. Questo gap - prosegue - ci fa pensare che non tutti i pazienti che ne hanno diritto riescono a ricevere i farmaci giusti e si tratta spesso delle persone che hanno livelli di educazione più bassi e i migranti. Dobbiamo fare in modo - conclude Tassorelli - che nessuno rimanga fuori".

In collaborazione con:
Teva

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