L'epidemia di Covid-19 ha rallentato molto l'assistenza dei pazienti con epatite C e più in generale con malattie di fegato, ma potrebbe essere presa come stimolo per fare un passo avanti negli screening, abbinando a quelli per il Sars-Cov-2 anche quelli per l'epatite. Lo ha affermato Stefano Fagiuoli, Direttore dell'Usc Gastroenterologia ed Epatologia e Trapiantologia dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII° di Bergamo, uno dei partecipanti al webinar 'Covid-19 e malattie epatiche' organizzato con il contributo di Gilead Sciences.
"Al momento un vero e proprio programma di screening non esiste - ha ricordato Fagiuoli -, a parte il controllo e la sorveglianza in situazioni particolari come il carcere o i Serd. Essendo di recentissima approvazione una norma che prevede la possibilità di fare lo screening potrebbe essere un'occasione per accorpare quelli di Covid ed epatite, sarebbe un passo avanti nella strategia di eradicazione, anche se dovrebbe associarsi a criteri molto precisi di selezione dei pazienti per evitare di sovraccaricare il sistema". La pandemia, ha spiegato Fagiuoli, ha messo a dura prova i reparti, con un rallentamento delle visite. "Nel nostro ospedale stiamo cercando di smaltire almeno una quota delle visite per i pazienti con condizioni più semplici attraverso la telemedicina e la valutazione da remoto - ha raccontato -, per non rischiare ritardi troppo grandi ed evitare di avere urgenze cliniche evitabili. Stiamo anche cercando di sviluppare una app per gestire da remoto i problemi dei pazienti, che contiamo di mettere in campo a breve. In generale la telemedicina può aiutare molto, soprattutto per pazienti non gravi".
In collaborazione con:
Gilead