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Covid: 8 italiani su 10 non hanno mai sentito ‘zoonosi’

Studio Swg-Federchimica Aisa, uno su due non sa definirla

ROMA ANSAcom

Nonostante la pandemia di Covid-19, la stragrande maggioranza degli italiani (8 su 10) dice di non aver mai sentito il termine ‘zoonosi’ con il quale si definisce il passaggio di una qualsiasi malattia dagli animali all’uomo e che dunque è all’origine del ‘salto di specie’ del virus Sars-Cov-2. Più di uno su due (il 56%) ammette di non saperne dare definizione. E’ questa la fotografia che viene scattata dal sondaggio condotto dall’istituto di ricerche Swg che è stato presentato nel corso di un webinar promosso da Federchimica Aisa, l’Associazione nazionale delle imprese della salute animale. Anche la definizione di ‘One Health’ è sconosciuta per oltre l’80% degli intervistati, con l’85% che si dichiara d’accordo sul fatto che la salute umana, quella animale e quella dell’ecosistema siano interconnesse. Più del 60% degli italiani dichiara che per tutelare la salute dell’uomo sia fondamentale assicurarsi che in buona salute sia anche l’ambiente circostante. Il 72% infatti sottolinea come la tutela dell’ambiente e quella della biodiversità (68%) siano fattori chiave. Anche la lotta ai cambiamenti climatici risulta tra le necessità da affrontare: sono infatti il 67% gli intervistati che ne sottolineano l’urgenza. Spazio poi anche alla salute degli animali, che siano da compagnia, selvatici o da allevamento: la preoccupazione per il loro benessere è alta e percepita dal 62% degli italiani come da “molto” a “fondamentale” strumento per assicurare anche all’uomo una vita in salute. Le incertezze spariscono anche quando si parla di possibili future pandemie. L’emergenza sanitaria in corso non sarà unica e irripetibile per l’80% degli intervistati, secondo i quali il rischio sarà molto altro anche nei prossimi anni. Quando si passa a chiedere dei fattori che possono aver influito sul diffondersi della pandemia, le idee si fanno meno chiare. Il 42% dichiara che uno scarso controllo sanitario sugli allevamenti e una sempre maggiore commistione tra animali e uomo abbia pesato “abbastanza” sul diffondersi della pandemia. Stessa risposta quando viene chiesto di esprimersi sul ruolo dell’inquinamento atmosferico (40%), sulla riduzione della biodiversità (43%), sull’eccesso nell’utilizzo di antibiotici nell’uomo e negli animali (37%). Il 92% concorda sul bisogno di investire nella riduzione dell’inquinamento, così come nel mettere in atto pratiche significative per il miglioramento della qualità di vita degli animali allevati (92%). Alte anche le percentuali di chi ritiene fondamentale intervenire a tutela della biodiversità (91%) e infine sulla necessità di migliorare la capacità di cura degli animali, da allevamento e domestici, sviluppando nuovi medicinali veterinari (88%).

In collaborazione con:
AISA

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