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AS A LOCAL, Milano raccontata da chi ci abita

AS A LOCAL, Milano raccontata da chi ci abita

Posti, ritrovi, stile nella zona cool di Garibaldi Moscova

26 giugno 2018, 18:49

Testo e foto di Federico Pucci

ANSACheck

Milano Garibaldi As a Local - RIPRODUZIONE RISERVATA

Milano Garibaldi As a Local - RIPRODUZIONE RISERVATA
Milano Garibaldi As a Local - RIPRODUZIONE RISERVATA

AS A LOCAL è la rubrica di Ansa Lifestyle che racconta città italiane e straniere con le parole di chi ci abita, zone con una storia da ricordare e tessuti urbani in cambiamento come vita sociale, posti alla moda, luoghi dove darsi appuntamento oggi stesso. Milano, la città che più delle altre ha cambiato pelle, in meglio a detta unanime, ha tante zone vive, mutate (come l'ex operaia Bovisa ad esempio oggi zona di studenti grazie soprattutto al Politecnico). Qui, con testo e foto di Federico Pucci, raccontiamo la zona cool (una delle tante del capoluogo lombardo) Milano Garibaldi con le parole e le abitudini di chi la vive ogni giorno.

Dalle barricate alla movida, la storia del quartiere Garibaldi a Milano sviluppato lungo l'omonimo Corso è cambiata drasticamente non solo nell’ultimo secolo e mezzo, ma nel giro di appena un decennio.

Scendere alla fermata Moscova in Largo La Foppa significa arrivare in quello che per secoli è stata una terra di mezzo fra la città e il contado a ridosso della mura, quindi una zona popolare di artigiani e operai, e ora terra di mezzo tra il turismo del centro e un’identità storica di negozi che sopravvivono accanto ai pervasivi luoghi dell’aperitivo.

Nel maggio di 120 anni fa, la strada aveva visto cadere due donne sotto le fucilate e le cannonate di Bava Beccaris, uno degli eventi che definirono la storia non solo della città, ma del Paese intero: lo raccontò in diretta, osservandolo anche da vicino dalla posizione privilegiata di via Solferino, l’allora direttore nonché fondatore del Corriere della Sera Eugenio Torelli Viollier, che proprio in seguito agli scontri e al plauso del re Umberto decise di dimettersi in segno di protesta. Un orgoglio locale che ancora si percepisce risalendo verso nord dall’incrocio con via Pontaccio, laddove un tempo si ergeva la Porta Comasina che diede il primo nome al quartiere. Sulla destra, incisa nella pietra, compare la scritta Cooperativa Farmaceutica, storica succursale di una società attiva dal 1890, poco più avanti sulla sinistra si incontra un negozio che è nel dna del Corso, Acqua, Luce, Gas: aperto nel 1910 e dal 1939 di proprietà della famiglia Re Dionigi, al suo interno si possono ancora trovare le due sorelle ultraottantenni, gioviali con i clienti abituali e non di rado impazienti con il passante casuale, che lo gestiscono con un’attenzione d’altri tempi, capaci di trovare qualsiasi lampadina, cavo o batteria nella miriade di cassetti e scaffali del piccolo ambiente. Un’istituzione non meno del più importante Rossignoli, posto al centro del Corso, negozio di biciclette aperto dal 1900 che ha visto passare una storia su due ruote di popolarità e oblio, fino alla riscoperta recente del piacere di pedalare.

 Passata la Libreria del Tempo Ritrovato, da poco insediatasi, si trova un altro pezzo che unisce passato e presente, il Teatro Fossati. Un tempo teatro senza soffitto, frequentato da ospiti illustri come Franz Kafka o Carlo Emilio Gadda, che ne farà menzione nella sua Adalgisa, il Fossati ha visto passare sul suo palco leggende come un Eduardo De Filippo ancora esordiente, prima di essere restaurato da una leggenda del design italiano come Marco Zanuso e passare nel sistema teatrale del Piccolo. Proprio dietro, affacciato verso il parco, quello che ora si chiama Teatro Studio Melato guarda l’imponente Teatro Strehler, sempre opera di Zanuso con Pietro Crescini, uno degli snodi nevralgici e centri culturali del quartiere, con le sue produzioni italiane e internazionali di grandi testi, dalla tragedia greca all’avanguardia russa.

Camminando per Corso Garibaldi capita spesso di incrociare attori come il milanese Franco Branciaroli o i giovani studenti della scuola, un tempo Paolo Grassi e ora intitolata a Luca Ronconi, che ha sede proprio nel palazzo di fianco. Un altro incontro frequente del quartiere è quello con gli anziani arzilli e gioiosi del Centro di aggregazione Garibaldi: qui, negli ambienti che un tempo ospitavano il Tempio Evangelico Metodista, si possono intravedere dalla strada coppie che ballano il tango o il liscio, mentre nei pomeriggi d’estate il portico rinascimentale che vi si erge accanto (forse avanzo di una villa d’epoca sforzesca) dà spazio a mercatini o a partite di carte.

Dall’altro lato della strada, fra ristorantini e carissimi fruttivendoli, una targa un po’ nascosta rivela un ospite eccellente del quartiere come Salvatore Quasimodo: uno dei tanti ad aver camminato tra queste vie, come il già citato Gadda, o Dino Buzzati, che nel suo romanzo Un amore del 1963 riservava parole d’affetto (come quelle inscritte in cima a questo articolo) per il borgo da cui passava nei suoi giorni al Corriere.

Passando oltre, sulla sinistra, attraverso Largo Marengo (ora Largo Paolo Grassi), si intravede un altro scorcio di città: sono i confini del Parco Sempione, dove tra gli alberi e i binari dei tram si intravede un altro reperto storico ancora vivo e animato, l’Acquario Civico. Unico resto del primo Expo di Milano, quello del 1906, il luogo pullula di famiglie nel fine settimana. Tutt’altra popolazione è quella che, dal 1500 fino almeno agli anni ‘60 del secolo scorso, ha abitato e lavorato nelle case di ringhiera dell’adiacente via Anfiteatro: quella che fu chiamata la Stretta o via del Guasto era infatti nota come sede di bordelli, si dice che perfino il Caravaggio sia passato di qua, se si presta fede alla leggenda della Peppa, giovane alla quale avrebbe chiesto la mano. La strada, tranquilla a qualsiasi ora tranne forse quando passano i giovani e biondissimi studenti delle vicina Scuola Germanica, viene animata regolarmente ogni 25 aprile, quando una piccola processione eleva una corona per i molti ragazzi del quartiere caduti nella Resistenza.

Ritornando nel Corso ci si trova di fronte a un pezzo di storia ben più antico, che racconta un tempo in cui Milano fu capitale di un Impero: è la chiesa di San Simpliciano, una delle quattro basiliche volute da Sant’Ambrogio. Nel largo su cui si affaccia, tra i tavolini dell’aperitivo e quelli della Libreria del Mondo Offeso, giocano i bambini, si esibiscono artisti di strada, e si succedono i rituali del matrimonio o del funerale, segnali di un passare del tempo più alla nostra portata rispetto alla vita millenaria di quei mattoni rossi. Per non parlare dei cortili di San Simpliciano, oltre le file di oleandri, dove una parte rimbombano schiamazzi e colpi dove si gioca a calcio e pallavolo, dall’altra c’è la quiete della Facoltà Teologica.

I contrasti, del resto, sono nell’anima di questo quartiere. Ancora oggi sotto i portici verso Moscova si incontrano giovani che fanno breakdance ma anche i senzatetto che vi cercano riparo, gli scrittori stranieri ospiti degli hotel i calciatori e le showgirl che abitano gli immobili di lusso. Contrasti e fermenti che scorrono dietro nel tempo, con i giornali come il Corriere e le tipografie dei Fratelli Treves accanto alle scorribande di ragazzini come Gino Bramieri, un figlio del Corso, nei passaggi e nei cortili descritti dal solito Buzzati. E poi le turbolenze politiche, da Mussolini che in via Lovanio diresse il Popolo d’Italia alla rinascita di sinistra nel dopoguerra, con i comunisti dell’ex sezione Togliatti (ora circolo Aniasi del PD) e i socialisti di Bettino Craxi, che radunava il suo stato maggiore tra le cotolette e i rustin negà del ristorante Al Matarel, fino alla situazione di oggi: il Movimento 5 Stelle fu infatti presentato ufficialmente sul palco dello Smeraldo nel 2009.

I nativi del posto giurano che l’identikit sociale del quartiere non potrà resistere al turismo e a una gentrificazione ormai quasi completa, ma da sempre in queste strade si sono alternate facce diverse: da una parte la grande borghesia dell’Università Bocconi, che sul largo in fondo a via Statuto ebbe la sua prima sede tra il 1902 e il 1941; dall’altra i bohemien ospitati alla Casa degli Artisti nella pedonale via Tommaso da Cazzaniga. Proprio questo punto è interessato da un restauro che riporterà ai vecchi fasti e all’originale funzione quello che dagli anni ‘80 al 2007 fu noto come Centro Sociale Occupato Garibaldi: la Casa nacque nel 1910 come spazio per i pittori e gli artisti di passaggio o residenti, una piccola Brera a due passi da Brera che ebbe tra i suoi frequentatori non solo il solito Buzzati ma anche il trombettista Chet Baker e, a giudicare da una testimonianza della figlia, pare perfino Pablo Picasso. Una vera chicca tutta contemporanea si nasconde alle spalle dell’edificio, dove un tempo sorgeva un convento rinascimentale di cui ormai resta poco più che una torre, visibile solo dai piani alti dei palazzi circostanti: si tratta del Secret Oasis Garden, un parco oasi del WWF che nelle sere estive si trasforma in fresco riparo dal grigiore, affollandosi di persone che chiacchierano e bevono sotto gli alberi. La socialità, del resto, è un elemento imprescindibile del quartiere, che non diversamente dai famigerati Navigli si anima quasi tutte le sere: il punto forse più affollato è intorno a Largo La Foppa, chiamato così per il pendio del terreno. Qui, specie davanti al Café Radetzky e al più recente Chinese Box, la Milano degli aperitivi fino a tardi ruggisce ancora tra spritz e Negroni.

La voglia di stare insieme all’aperto si respira in tutta la ZTL, e si tocca con mano nei cosiddetti ‘denti’ di Garibaldi: negli slarghi del Corso, aperti dalle demolizioni degli anni ‘70, si servono vino e cannoli siciliani, gelati e sushi in un lungo e quasi ininterrotto banchettare che dai tramezzini veneziani arriva al ramen giapponese. Già superato l’incrocio con via Moscova, arteria borghese del circondario, la curva del Corso comincia a far intravedere le nuove storie di Milano. Sono i grattacieli di Porta Nuova che si stagliano dietro la Porta Garibaldi, dove lo ‘struscio’ di questa zona prosegue lungo Corso Como e fino alla piazza rotonda e vertiginosa dedicata a Gae Aulenti. Ma non tutto è nuovo e luccicante, e alcuni dei tanti recuperi e restauri cercano, almeno esteriormente, di mantenere un contatto con il passato e i piedi saldi per terra. Così, in piazza XXV aprile c’è un monumento alla musica come l’ex Teatro Smeraldo, ora popolarissimo Eataly: un tempo gli unici ortaggi che si potevano concepire qui erano quelli da lanciare sul palco, un’evenienza rara vista la qualità degli artisti di passaggio, come Mina, Fabrizio De Andrè o Paolo Conte, Lou Reed, gli Oasis o Bruce Springsteen in versione acustica solista, per non parlare di milanesi di nascita come Giorgio Gaber, Enzo Jannacci e Adriano Celentano. Un recupero che in parte corregge e in parte rispetta il passato è quello del Palazzo del Cinema. Messo in piedi dal cinema Anteo, sala d’essai di culto, il multisala insiste su un palazzo imponente degli anni ‘30, già casa del Fascio, poi sede del PCI e ancora cinema popolare: la chicca più particolare di questo recupero rispettoso è forse la sala Nobel, dove è possibile assistere a una proiezione cenando, pranzando o facendo l’aperitivo in grande comodità. L’identità culturalmente vivace della zona si rispecchia allora in questo recupero, come forse anche in una delle vere rarità del quartiere, il campo di Pelota Jaialai di via Palermo: nello sferisterio dove un tempo volavano palline a velocità folli, oggi si tengono eventi soprattutto legati al design, concentrati non a caso nella settimana del Fuorisalone, una delle più convulse per Corso Garibaldi. Un rituale senz’altro pieno di velleità e trovate discutibili, ma che qui rimanda a una storia di atelier e laboratori, di artigiani e designer come i leggendari BBPR che per mezzo secolo ebbero la loro sede in via dei Chiostri.

Giunti al limite delle vecchie mura spagnole siamo ormai però ai limiti del quartiere: sulla destra si intravede il ponte dell’ex Conca dell’Incoronata, sotto il quale il naviglio della Martesana giungeva alle chiuse ancora visibili progettate da Leonardo Da Vinci. A sinistra, invece, si stagliano due palazzi gemelli, sede di Microsoft e della Fondazione Feltrinelli, che dei vecchi bastioni riproducono la forma nel cemento e nel vetro. Qui la città vuole correre già altrove, oltre il Cimitero Monumentale verso la residenziale zona Cenisio, oppure nella popolarissima Chinatown di via Paolo Sarpi. Ma proprio ai piedi del palazzo e ormai alla fine di questo cammino si nasconde un ultimo spazio segreto, un angolo di storia e un’isola di pace in mezzo al trambusto: è il Circolo Combattenti e Reduci, ospitato in una delle due dogane di Porta Volta, dove tra bianchini e bocce, i veterani fanno spazio ai giovani curiosi, in un abbraccio tra passato e presente al bancone di un bar o sotto una pergola.

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