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Moda

Kiton svela i segreti della giacca sartoriale perfetta

Tour virtuale nell'azienda di Arzano. La nuova collezione a Pitti Uomo

 © ANSA
  • di Patrizia Vacalebri
  • ROMA
  • 14 gennaio 2021
  • 20:37

Forbici e gesso, ago e filo, occhi attenti e mani sapienti, sono i segreti per fare una giacca sartoriale perfetta, che si adatta ai movimenti del corpo di chi la indossa. Ma per ottenere questo risultato ci vuole passione. Il sarto deve metterci amore, altrimenti meglio fare un altro mestiere. Qui da noi sono tutti artisti, allevati nella nostra scuola di Alta Sartoria aperta nel 2000. Dura 4 anni. Siamo orgogliosi di aver formato una nuova generazione di sarti che lavora per noi, età media 36-37 anni". E' Antonio De Matteis, detto Totò, ad di Kiton, ad accompagnare l'ad di Pitti Immagine, Raffaello Napoleone e i visitatori virtuali di Pitti Connect, nel tour nella sua azienda di Arzano, provincia di Napoli, sede principale del marchio fondato negli anni '60 da suo zio Ciro Paone, oggi nome sinonimo di eccellenza dell'abbigliamento maschile. E non solo, visto che Kiton produce anche scarpe e moda femminile, camicie e cravatte. E' ritenuto il brand maschile più esclusivo e amato, si favoleggia, dagli uomini più ricchi del pianeta, come Zuckenberg, i reali d'Inghilterra, emiri arabi e oligarchi russi. 
Nella sartoria di Arzano (450 dipendenti, 16mila mq di superfice) oggi si gira tra tagliatori e stiratrici. Chi imbastisce, chi mette punti a mano alle maniche, chi cuce i taschini. "Ci vogliono 25 artigiani e 25 ore di lavoro per fare una giacca sartoriale, contro tre ore per una industriale. Il silenzio operoso degli artigiani con mascherine sui volti, chini sulle loro stoffe, è interrotto solo dal rumore delle macchine per cucire e dei ferri a vapore per stirare le giacche, una volta assemblati i vari pezzi. L'ad di Pitti nota le immagini di Maradona disseminate ovunque sulle pareti.
Era il 1956 quando Ciro Paone, zio di Totò, commerciante di tessuti a piazza Mercato, intuì che la Napoli in cui ogni palazzo aveva il suo sarto, stava per finire. Cominciò così a produrre cappotti, mettendo al lavoro una decina di sarti in un laboratorio a Secondigliano. E continuò così fino al 1968, anno di nascita della Kiton, così chiamata dal nome della toga degli aristocratici greci.
"Da noi tutto è fatto a mano - ripete Totò - con la massima attenzione alle maniche che sono il segreto per un fit morbido che si accompagna al corpo, alle spalle e al collo, che non si deve muovere, dev'essere stabile". Nell'azienda di Arzano si realizzano al massimo 50 capi al giorno, con diecimila varianti di tessuti. "Abbiamo cinque siti produttivi, 55 boutique monomarca nel mondo, 800 dipendenti di cui più della metà ad Arzano" rivela l'ad. Gli altri poli sono tutti in Italia e sono tutti di proprietà: a Parma Wonderland (giubbotteria) a Fidenza Somma (maglieria) a Biella il lanificio Carlo Barbera (materie prime), a Caserta (pantaloni casual). La conquista del mercato americano è avvenuta nel 1986, quando De Matteis spinto da suo zio Ciro, che non amava viaggiare in aereo, andò ad aprire un varco. Già nel 2003 la Kiton acquisì a NY la palazzina neorinascimentale nella 54esima già sede del Banco di Napoli.
La nuova collezione uomo di Kiton pur mantenendo il suo stile sartoriale, ha lasciato spazio alla parte meno formale, prima destinata al tempo libero e alla maglieria. Le giacche, sempre di cachemere e tessuti esclusivi, sono perfette nella costruzione, ma ancora più morbide e proposte con il collo alzato per essere più disinvolte. I motivi vanno dai grandi check e pied de poule agli spigati fino alle micro trame. La palette copre tutti i toni del grigio e i colori dei boschi autunnali, dal bordeaux al verde del muschio fino al marrfone del legno. Non manca il classico blu. Infine il vestito intero cede il passo allo spezzato, e i pantaloni si ammorbidiscono in vita mutuando l'elastico e la coulisse dei modelli joggers.

  • di Patrizia Vacalebri
  • ROMA
  • 14 gennaio 2021
  • 20:37

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