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Dalla Toscana a Roma, 5 detenuti mettono in scena Omero

Dalla Toscana a Roma, 5 detenuti mettono in scena Omero

Un adattamento dell'Ulisse all'interno di "Destini incrociati"

ROMA, 23 novembre 2021, 19:41

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Sono partiti dalla Casa di Reclusione dell'isola di Gorgona e dismessi i panni da carcerati hanno vestito quelli di attori teatrali. Cinque detenuti hanno affrontato il viaggio che li ha portati dall'isola dell'arcipelago toscano a Roma, al teatro Palladium, dove sono andati in scena con un adattamento dell'Ulisse di Omero all'interno di "Destini incrociati", ottava edizione della Rassegna Nazionale di Teatro in Carcere che si è conclusa la settimana scorsa.
    "Ulisse o i colori dell'anima", questo il titolo dello spettacolo, è il risultato di un progetto nato due anni fa nel carcere di Gorgona grazie anche alla disponibilità del direttore Carlo Mazzerbo, racconta il regista Gianfranco Pedullà. Sono una trentina i detenuti coinvolti anche se il permesso per raggiungere la Capitale lo hanno ottenuto solo in cinque.
    Insieme a loro, sul palco, anche attori professionisti. Il lavoro si è aggiudicato il Premio ANCT 2020, Catarsi Teatri della Diversità come miglior spettacolo di teatro sociale in Italia nel 2020 ed è il primo episodio della trilogia "Il teatro del mare", il secondo affronterà le Metamorfosi di Ovidio, anticipa il regista, il terzo è ancora da decidere. La tappa romana non è la prima uscita pubblica, a settembre c'è stata la prima proprio sull'isola, poi ad ottobre è andato i scena al Teatro delle Arti di Lastra a Signa (FI), dove Pedullà dirige la compagnia stabile del Teatro Popolare d'Arte.
    "Gorgona è un luogo speciale - racconta - la prima volta che sono andato sono rimasto impressionato dal contesto naturalistico, dal mare e ho subito pensato ad Ulisse. E' nato poi il laboratorio con i detenuti, abbiamo preparato il testo e insieme al musicista Francesco Giorgi e Chiara Migliorini, formatrice teatrale e attrice, abbiamo fatto una sintesi, ma il contenuto è dedicato a loro, ai reclusi, sono le loro biografie.
    La prima volta che lo abbiamo messo in scena lo abbiamo fatto all'aperto davanti al mare, con una barca che si muoveva sull'acqua". Poi lo spettacolo è stato adattato anche per un teatro al chiuso con la fantasiosa quanto essenziale scenografia di Claudio Pini.
    "'Ulisse o i colori dell'anima' è un working in progress - avverte il regista che da 25 anni lavora con il teatro nelle carceri - abbiamo già fatto dieci repliche e non ho avuto mai gli stessi attori, nel teatro normale sarebbe una tragedia, qui diventa una ricchezza. E' un po' come nella commedia dell'arte e questo mi piace molto". La pieces teatrale, aggiunge Pedullà, "parla del rapporto fra gli animali e gli uomini, tra l'istinto e la ragione, tra la libertà e la schiavitù, fra la vita, la sua bellezza e le sue mostruosità". Mentre il tema del mare ricorre incessante, come colore, come luogo da attraversare, come elemento che separa, come entità da dominare, come suono. La messa in scena gioca con disinvoltura tra la commedia dell'arte e il teatro classico. Mischia il testo originale, quello nuovo, le musiche popolari, le danze sfrenate e riattualizza la figura di Ulisse, sempre navigante in viaggio verso casa, ma anche un uomo dei giorni nostri. Il protagonista ci ricorda che ognuno di noi è un po' naufrago di qualche tempesta, ognuno è straniero in qualche luogo ed è spesso anche straniero a se stesso. E' un Ulisse dalle molte anime, è al contempo un migrante, un marinaio, un soldato, un assassino, un uomo solo in cerca della sua patria ovunque sia, è un clandestino perché viaggia di nascosto di terra in terra, di popolo in popolo, ma tutti i popoli, recita il testo, "sono ostili ai clandestini del destino". Sul palco ripercorriamo le avventure di Polifemo, di Circe, delle sirene. "Sono sirene - tiene a precisare Pedullà - che rispettano l'impianto classico: mostruose donne uccello con una voce suadente, esseri minacciosi che mangiano la vita". Le avventure di Ulisse approdano in una sorta di circo Barnum, con fenomeni da baraccone, con gli ultimi della società, impegnati in una danza concitata, che finisce davanti al mare, luogo di approdo e di ripartenza, mentre un coro di voci dagli accenti più disparati fa da sottofondo sonoro, dando voce a tanti naufraghi: "Siamo partiti dalle nostre città distrutte alla ricerca di un nuovo mondo. Siamo foresti, giunti qui spinti da un destino impensabile" e avverte: "La vita è un lungo ritorno".
    Cala il sipario. Tanti applausi emozionati l'altra sera al Teatro Palladium e mentre gli attori sorridono a testa alta i detenuti-attori si fanno seri, qualcuno abbassa la testa per nascondere l'emozione troppo forte. Tra i cinque che arrivano dal carcere di Gorgona c'è chi sta vivendo la prima uscita dopo anni di detenzione, chi invece ha scontato la sua pena e da qualche giorno è libero, chi ha una prospettiva a breve di tornare un uomo libero, grazie anche al riconoscimento del lavoro svolto con il laboratorio teatrale.
   

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