Per trent'anni è stata ricordata
semplicemente come la moglie di Giovanni Falcone e rappresentata
nelle poche immagini pubbliche con un volto sorridente accanto a
quello del giudice che ha simbolicamente rappresentato la lotta
alla mafia. Ora la figura di Francesca Morvillo esce dal cono
d'ombra in cui è stata a lungo relegata e, a trent'anni dalla
strage, si prende il posto che le compete come donna magistrato,
giurista attenta alla funzione riabilitativa della pena, persona
impegnata sul piano sociale e culturale. Questa era la "moglie
di Falcone", straziata con lui nell'attentato di Capaci, nella
rievocazione della ministra Marta Cartabia che lunedì
parteciperà a palazzo Steri a un incontro organizzato
dall'università di Palermo. L'occasione è data dalla
presentazione di un volume su Francesca Morvillo, "Non solo per
amore", edito dalla Treccani e curato da tre docenti
universitarie: Giovanna Fiume, Paola Maggio e Cetta Brancato. Un
altro libro uscito in questi giorni sulla Morvillo ("Francesca,
storia di un amore in tempi di guerrra", Solferino editore) è
stato invece scrito dal giornalista Felice Cavallaro.
Il volume pubblicato dalla Treccani riporta anche la tesi di
laurea di Francesca Morvillo su "Stato di diritto e misure di
sicurezza". È un lavoro a più voci, che ricostruisce fasi e
momenti diversi della sua vita di giurista ma illumina anche la
sua umanità, la sua riservatezza, la sua personalità. Nelle
intenzioni di studiosi, amici e colleghi che firmano vari saggi
si mira a rendere giustizia all'unica magistrata vittima della
violenza mafiosa. Il suo percorso di vita viene ricostruito sin
dagli anni della maturità passando per la laurea, conseguita
giovanissima nel 1967, e per il concorso in magistratura
superato brillantemente. Figlia e sorella di magistrati, la sua
esperienza è cominciata come uditrice giudiziaria a Palermo ed è
proseguita come giudice del tribunale di Agrigento nel 1971,
sostituta procuratrice presso il tribunale per i minorenni dal
1972 al 1988 e quindi consigliera di corte d'appello a Palermo
con un ultimo incarico di componente della commissione per il
concorso in magistratura durato appena tre giorni.
I giudizi che segnano le tappe della sua carriera
sottolineano pregi umani e professionali di Francesca Morvillo
che proprio per il ruolo svolto, come si comincia ad ammettere,
non si trovava a Capaci per caso o solo per l'amore che la
legava a Falcone, sbocciato proprio al palazzo di giustizia e a
lungo tenuto riservato. La storica Giovanna Fiume ha ricostruito
il suo lavoro rileggendo relazioni, note dei dirigenti di vari
uffici giudiziari, attestati, sentenze emesse da collegi di cui
Francesca Morvillo era stata componente. E tra questi collegi
c'era anche quello che aveva giudicato Vito Ciancimino
nell'ambito del processo per i grandi appalti di Palermo.
Per questo Giovanna Fiume, rovesciando un canone abusato,
giunge alla conclusione che "è stata uccisa una magistrata prima
che una moglie". E la ministra Cartabia, che firma
l'introduzione del volume, concorda: è stata uccisa "una donna e
una professionista figlia della sua Sicilia".
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