(ANSA) - NAPOLI, 21 SET - È possibile ritardare di 6 mesi la
progressione del tumore del polmone che presenta la mutazione di
un gene (EGFR). E' questo il risultato ottenuto combinando
bevacizumab, farmaco antiangiogenico che ostacola la capacità
del tumore di creare i propri vasi sanguigni, con erlotinib, una
molecola intelligente. Il dato emerge da "Beverly", studio
clinico multicentrico, promosso e coordinato dall'Istituto
Nazionale Tumori Fondazione Pascale di Napoli e presentato al
Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), che
si chiude oggi.
"La decisione di realizzarlo - spiega Francesco Perrone,
membro del Direttivo nazionale AIOM (Associazione Italiana di
Oncologia Medica) e Direttore Struttura Complessa
Sperimentazioni Cliniche del Pascale - è arrivata dopi i
risultati promettenti riportati in una sperimentazione
giapponese del 2014. L'aggiunta di bevacizumab alla terapia con
erlotinib ha ritardato la progressione della malattia di circa 6
mesi rispetto ai pazienti trattati con il solo erlotinib: 160
pazienti sono stati trattati con erlotinib da solo o con la
combinazione di erlotinib più bevacizumab in 43 centri del
nostro Paese e poi confrontati. Il tempo senza progressione
della malattia è risultato significativamente più lungo per il
gruppo di pazienti trattati con la combinazione, con una durata
mediana di 15 contro 9 mesi. E la percentuale di pazienti con
riduzione delle dimensioni del tumore è aumentata dal 50% al
70%. Questi risultati sono stati confermati anche da test
radiologici esaminati da radiologi all'oscuro del trattamento
praticato. Anche la sopravvivenza globale è stata più lunga (33
contro 22 mesi alla mediana) per i pazienti che hanno ricevuto
la combinazione, ma questo risultato al momento non è
statisticamente significativo". In aggiunta alla evidenza
relativa al maggior beneficio tra i pazienti fumatori, il gruppo
di ricerca di Nicola Normanno, direttore scientifico
dell'Istituto napoletano, condurrà nei prossimi mesi l'analisi
molecolare dei campioni di sangue raccolti prima e durante il
trattamento per identificare gruppi di pazienti con maggiori o
minori probabilità di trarre beneficio dal trattamento con
l'associazione di bevacizumab ed erlotinib. (ANSA).