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Mostre: Tutankhamon, a Napoli un viaggio verso l'eternità

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Mostre: Tutankhamon, a Napoli un viaggio verso l'eternità

Da domani in vista dei 100 anni dalla scoperta della tomba

NAPOLI, 22 ottobre 2021, 10:31

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Storia, archeologia e tecnologia si incontrano per l'esposizione Tutankhamon / Viaggio verso l'eternità, in mostra al Castel dell'Ovo di Napoli da domani, organizzata da Innovation, con il patrocinio dell'assessorato all'Istruzione, alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli.
    In vista dei cento anni dalla scoperta della tomba più famosa della storia dell'egittologia, con la mostra curata da Clarissa Decembri, secondo quanto spiegano gli organizzatori, "è possibile immergersi in un'antica, affascinante e complessa cultura che, attraverso il mistero della vita oltre la morte, ha portato fino ai nostri giorni la conoscenza degli usi e costumi della civiltà egizia della XVIII dinastia".
    "Dopo l'esordio negli Stati Uniti e il successo ottenuto a Firenze, prima tappa italiana - sottolinea una nota - la mostra itinerante giunge a Napoli, dove è possibile ammirare oltre 100 riproduzioni dei reperti più importanti trovati nella tomba di Tutankhamon, realizzati a Il Cairo in collaborazione con il Ministero delle Antichità Egizie, tra cui il trono d'oro, il carro da guerra, i sarcofagi, i vasi canopi e la famosa maschera d'oro, ed oltre 60 reperti originali provenienti dalla collezione egizia del Museo Archeologico Nazionale di Firenze.
    Nel reparto dedicato alla mummificazione il visitatore può osservare e comprendere le varie fasi dell'imbalsamazione.Grazie a ricostruzioni scenografiche ed all'applicazione della realtà virtuale, realizzata da Unsquare Life, il visitatore può vivere l'emozione provata dall'archeologo Howard Carter nel novembre 1922, quando scoprì il primo gradino di accesso alla faraonica sepoltura nella Valle dei Re, capirne i misteri e lasciarsi affascinare dal mito della maledizione del faraone. Indossando un visore e manovrando i controller, il visitatore è catapultato nell'ambiente ricostruito della tomba di Tutankhamon e può soffermarsi sui singoli oggetti del corredo funerario". A raccontare l'esposizione è Carter stesso, interpretato da Bruno Santini, il cui ologramma, presente in vari punti della mostra, è stato realizzato da Image Project. Per far apprezzare la mostra anche ai più piccoli, è stato strutturato un percorso ad hoc per bambini e ragazzi con didascalie e supporti visivi mirati. ****NAPOLI E L'ANTICO EGITTO: INTRECCIO STORIA, CULTI E CREDENZE**** Napoli ospita la mostra Tutankhamon/Viaggio verso l'eternità e riscopre il profondo legame con la cultura egizia. Infatti in Campania, e soprattutto a Napoli, è precoce la presenza di culti orientali. Basti pensare alle innumerevoli attestazioni nel corso del II sec. a.C. del culto di Iside a Neapolis, che fanno supporre con ampia ragionevolezza l'esistenza di un tempio dedicato alla dea all'interno delle mura urbiche. É provato che il culto delle divinità egizie sia penetrato a Neapolis assai precocemente, così come a Pozzuoli e Pompei, Santa Maria Capua Vetere e Benevento già alla fine del II sec. a.C. Lo stretto rapporto che intercorre tra le città costiere campane e il più importante scalo commerciale marittimo, l'isola di Delo, in cui sono state ritrovate epigrafi di campani (puteolani e neapolitani) praticanti culti egizi sul finire del II sec. a.C., (ad esempio l'epigrafe di un neapolitanos, Apollonios di Dioscourides, che dedicò ad Anubis una stele marmorea), testimonia come l'isola di Delo sia stato un importante viatico di trasmissione cultuale oltre che commerciale. La presenza stanziale in città di una florida colonia di alessandrini è ulteriormente attestata da fonti letterarie ed epigrafiche che la collocano nella regio Nilensis, l'attuale vico degli Alessandrini (piazzetta Nilo), la cui toponomastica è rimasta invariata anche in epoca medievale. Nei suoi pressi fu trovato il basamento del I sec. d.C. con iscrizione dedicatoria a Iside da parte di un personaggio di rango senatorio, tale Marco Opsio Navio, che conferma l'esistenza di un Iseo risultante dal sincretismo tra Apollo, che all'epoca era divinità patria cittadina, ed Horus-Arpocrate. Inoltre i cittadini napoletani sono ancora fortemente legati alla statua del dio Nilo, anche nota come "Corpo di Napoli", collocata nella omonima piazzetta. Lo storico umanista Bartolommeo Capasso la descrive acefala già dal XV sec. e per tale motivo erroneamente associata alla sirena Partenope, per la presenza di lattanti sul ventre. Solo in seguito si è compreso che si trattava del dio Nilo, grazie all'identificazione degli elementi tipici della sua iconografia: la cornucopia, simbolo della piena del fiume, portatrice di abbondanza, la sfinge ed il coccodrillo, tipici del paesaggio nilotico, e i lattanti, simbolo degli affluenti del fiume. La statua poi fu integrata con la testa di un uomo barbato, come si ipotizza fosse rappresentato il dio fluviale. Al culto isiaco cittadino deve ricollegarsi la statua di Iside del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, la cui funzione cultuale è indubbia. Inoltre il ritrovamento di altre immagini di Iside (ad esempio Iside-Fortuna, custodita al MANN o la Iside-Pelagia da Posillipo) testimoniano la presenza capillare del culto isiaco a Neapolis, sia dentro che fuori le mura della città. Molte sono anche le attestazioni di materiale egizio di tipo isiaco di generica provenienza e ritrovamenti sporadici o fuori contesto di materiale decorativo di tipo egizio, in particolare nella zona inquadrata tra via della Selleria, a sud-est della regio Nilensis, che potrebbero essere correlati ad un tempio dedicato ad Antinoo. Ed ancora alla dea Iside è dedicata la sezione egizia del Museo del Sannio, presso il Museo Arcos di Benevento, che racchiude i reperti provenienti dal tempio beneventano della dea, costruito dall'imperatore Domiziano tra l'88 ed il 98 d. C. con materiali provenienti direttamente dall'Egitto. La qualità e la quantità di questi reperti testimoniano che questo tempio fu uno dei più importanti luoghi di culto nel Mezzogiorno, dedicati alla dea. Tra i siti archeologici più interessanti, inoltre, si annovera il Macellum di Pozzuoli, più noto come Tempio di Serapide, un ampio mercato adiacente il porto della cittadina flegrea. Nel 1750, durante la campagna di scavo borbonica, fu trovata una statua del dio egizio Serapis e per questo fu impropriamente ritenuto un luogo di culto dedicato a questa divinità, protettrice del mondo sotterraneo e custode di ogni sorta di fecondità, particolarmente quella della terra. Solo durante gli scavi di inizio Novecento si scoprì la reale destinazione del sito: una vasta area rettangolare, che si sviluppava su due livelli, attorno alla quale si concentravano numerose attività di scambio. Il ritrovamento della statua del dio Serapis, il cui culto fu introdotto ad Alessandria d'Egitto dal re Tolomeo I Lagide, è ulteriore attestazione della profonda commistione di culti e culture in terra campana. Tracce di questa antica commistione tra culti autoctoni e orientali sono testimoniati, inoltre, dalla presenza di amuleti sacri di attribuzione egizia o egittizzanti, introdotti in Campania dall'VIII secolo a.C. in poi come oggetto apotropaico prima e scaramantico poi: si tratta di scarabei, pendagli semilunati, le statuette di Arpocrate o la mano 'impudica', che in Egitto erano infilati tra le bende durante le fasi della mummificazione e in Campania, deposti insieme al corredo personale nelle tombe prearcaiche e arcaiche di bambini e madri, durante il rito della tumulazione.
   
   

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