IL CAIRO - Un ex-ufficiale degli Alpini, attivo imprenditorialmente in Libia da oltre 50 anni e con un bagaglio di conoscenze maturato in un secolo da tre generazioni della sua famiglia, ha individuato alcuni settori in cui i libici potrebbero trarre ispirazione dall'Italia per rilanciare la propria economia: dall'energia (quella rinnovabile, non il petrolio) all'agricoltura-allevamento passando per le prospezioni minerarie a caccia di terre rare.
Insomma un ventaglio di idee che potrebbero essere di interesse anche per società italiane disposte a un salto, con approccio collaborativo, nel turbolento Paese nordafricano.
Nel tratteggiare per ANSAmed "la visione di un italiano che dai lontani anni '70 ha avuto la fortuna di conoscere direttamente la terra di Libia", Vincenzo Massardi premette di non essere "né un politico né un economista" e quindi il suo punto di vista è quello di "uno dei tanti Italiani che cerca di darsi risposte" su "come fare impresa in Libia".
Alpino del "62 Auc 1971", per "tradizione familiare decorata", il bresciano ricorda che la sua "famiglia ha iniziato ad operare" in Libia "nel 1914 e io ho continuato il commercio in vari settori rifornendo importatori di ferramenta, utensileria, oil and gas, pesca, sicurezza". "A condizionare" dichiaratamente i suoi "ragionamenti è la previsione che le risorse energetiche rappresentate dagli idrocarburi sono una fonte di ricchezza a termine": prima o poi "petrolio e gas cominceranno ad avere più offerta che domanda" e la Libia, dice Massardi, deve "massimizzare questa ricchezza per prepararsi a un futuro in cui la rendita diminuisce"; e deve farlo fra l'altro investendo nelle energie "rinnovabili, soprattutto solare e fotovoltaico".
Rivolto idealmente ai libici, il 74enne imprenditore esorta inoltre a cercare "altre risorse primarie nel settore minerario che probabilmente avete, ma non ancora cercate: terre rare, litio" e altri minerali che già stanno avendo una "grande domanda" a livello mondiale.
"Ci sono esperienze condivisibili e la Libia può guardare con fiducia" a "quanto abbiamo fatto in Italia", sostiene Massardi, Segretario generale della nascente associazione imprenditoriale "Casa Italia Libia", citando innanzitutto comparti del settore alimentare come agricoltura, allevamento (soprattutto di bovini da latte di cui la Libia "ha enorme bisogno") e la piscicoltura.
Modelli italiani a suo dire esistono anche nel comparto turistico quale la valorizzazione di siti archeologici e le "attività sportive". C'è poi il "minerario", in particolare le cave e le "risorse di cui poco si sa, ma che certamente sono presenti nelle zone desertiche", dunque "tutte da scoprire".
Nel fornire un "esempio" concreto dell'auspicata cooperazione italo-libica, questo "alpino del deserto" ha citato la conferenza con incontro "B2B" ("Business to Business", fra imprenditori) organizzato da "Casa Italia Libia" a ottobre in collaborazione con partner libici tra "due aziende leader italiane nel settore lavorazione prodotti agricoli ed i rappresentanti di circa 300" imprese del comparto agricolo, "principalmente" specializzate nella "produzione di datteri".
C'è "la possibilità di esportare un'enorme quantità di prodotto, ma il costo di un impianto adeguato" non è alla portata di "nessuna piccola e media azienda agricola" libica, ha notato Massardi riferendosi anche a "marketing", "distribuzione all'estero" e "aggiornamento tecnologico" necessario per adeguare la produzione della pianta alla media mondiale di circa 200 chili di datteri a fronte dei 77 kg di quella libica. La soluzione prospettata dall'imprenditore è quella di creare una "sorta di cooperativa" cui le aziende", anche un centinaio di fattorie, "inviano il prodotto" affidandole "trasformazione e commercializzazione".
La visione 'solare' dell'alpino del deserto libico
Massardi, puntare su rinnovabili, terre rare, datteri e latte
