Da Boccaccio a Matteotti, dai
campi di concentramento a Mussolini, passando per il 41bis,
l'Abruzzo conferma la sua vocazione a 'recinto' d'Italia, luogo
sicuro dove chiudere e buttare una chiave è più facile che
altrove. Recinto, che in tedesco si dice 'lager', favorito da
condizioni geografiche e storiche: fu Boccaccio infatti che nel
suo Decamerone parlò di un luogo lontano "più in là che gli
Abruzzi", per dire che una certa idea di mondo terminava senza
appello in terra aprutina.
La destinazione carceraria della regione fu sfruttata anche dai
Borboni, che la utilizzarono come luogo di confino o di carcere
militare, vedi il Bagno Fortezza di Pescara. Ma è nel '900 che
il fenomeno esplode: i campi di concentramento per i prigionieri
di guerra di Avezzano e Sulmona utilizzati nelle due guerre
mondiali, la Chieti 'Città camomilla' del processo Matteotti, i
battaglioni di slavi italiani demilitarizzati e utilizzati per
lavori del Genio, l'albergo prigione di Mussolini a Campo
Imperatore nel 1943, i 16 campi di prigionia e gli oltre 50
luoghi di internamento coatto per gli oppositori durante il
Fascismo.
"Abruzzo 'carcere' d'Italia è una idea forzata, ma se già dal
'300 con Boccaccio c'è questo immaginario collettivo che disegna
la regione come luogo lontano, ferino, selvatico, appartato e
chiuso, ci fa capire che da parte delle classi dirigenti del
paese c'è la coscienza della unicità della regione - spiega Enzo
Fimiani, docente di Storia Contemporanea all'Università di
Chieti - E' un luogo che aiuta la 'segregazione', dove
organizzare un recinto è più facile che altrove. Internamento e
campi lavori, cella aperta o chiusa, parliamo di uno spazio
percepito come 'difficile'".
Gli intellettuali quindi si interrogano sulla storia della
regione, stimolati dalle vicende del boss Messina Denaro
rinchiuso alle Costarelle dell'Aquila, cuore del 41bis d'Italia,
carcere supersicuro, come era infatti percepita la segregazione
concentrazionaria: "E pensare che l'aquilano fu escluso
dall'organizzazione dei campi di concentramento fascista -
spiega Giuseppe Lorentini, docente Unimol, autore di un
fortunato libro sul campo di Casoli 'L'Ozio Coatto' - l'Abruzzo
però si è fatto scegliere come prigione privilegiata d'Italia
per la sua radice agropastorale, isolata, inaccessibile, vedi
Fontamara di Silone, dove muoversi e agire è complicato e
controllato. Insomma, la bellezza dei luoghi non esclude quella
realtà che chiamo 'arcipelago lager Abruzzo'", chiude Lorentini
confermando la fluidità di un secolo lungo come il '900 che
rispunta fuori anche dalle finestre della cella di Matteo
Messina Denaro.
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