"Sul piano politico lo
chiamerei clientelismo diffuso e pervasivo mentre sul piano
economico e della politica economica della Dc, un keinesiano
casereccio".Non è tenero nella definizione del lungo periodo di
epopea dell'ex ministro Dc Remo Gaspari, il cosiddetto
gasparismo, l'ex parlamentare del Pds e consigliere regionale
dei Ds Gianni Melilla, poi Sel oggi indipendente di sinistra.
Lo storico segretario della Cgil regionale, 66 anni, rilegge
quella pagina di storia in concomitanza con le celebrazioni del
leader abruzzese della Dc, a 10 anni dalla morte e a 100 anni
dalla nascita. Nella analisi di quel periodo, Melilla però
riconosce anche gli effetti benefici dell'azione di Gaspari
"sempre a disposizione con l'unico obiettivo di fare il bene
della sua terra": la sua opinione diventa positiva, anche per
bocciare l'attuale politica segnata "da partiti personalistici e
populisti".
"Ho 66 anni, ma sono un grande nostalgico della Repubblica
dei Partiti - spiega all'ANSA -, quindi sono un testimone di
parte. La democrazia italiana sarà ricostruita dai partiti
quando finirà la ubriacatura populista e sovranista e quando
spariranno dai simboli i nomi Berlusconi, Prodi, Renzi, Salvini,
Meloni. Il simbolo deve durare un tempo politico di anni non di
un mandato. Gaspari apparteneva a un grande mondo antico in cui
democristiani, comunisti e socialisti lottavano rudemente e
radicalmente tra di loro, ma avevano una visione dello sviluppo
del Paese e da sponde diverse e con metodi diversi lavoravano
per gli interessi dei cittadini. Gaspari ha contribuito in
maniera importante allo sviluppo dell'Abruzzo".
Melilla ricorda che in Abruzzo la Dc, che con Gaspari
raccoglie l'eredità di Spataro, era organizzata sulla base di
grandi leadership regionali. "Gaspari - spiega - diventa leader
in una terra povera falcidiata dalla emigrazione di centinaia di
migliaia di persone nel dopoguerra fuggite via dalla miseria.
L'Abruzzo ebbe con la Dc una risalita dal punto di vista
economico con il metodo keinesiano: uno sviluppo basato sulla
spesa pubblica con grandi investimenti in infrastrutture e
industrializzazione - spiega ancora -. Il boom economico veniva
dalla riforma agraria, dalle infrastrutture e dalla
industrializzazione, Gaspari ebbe la capacità di favorire lo
sviluppo. Anche i suoi ministeri, Mezzogiorno e Poste erano di
spesa, quindi riuscì a convogliare in Abruzzo importanti
investimenti. Questo meccanismo keinesiano durò fino agli anni
'70. I risultati più positivi sono quelli sul campo
dell'industria pubblica, colloquiando con i sindacati Cgil, Cisl
ed Uil con i quali la Dc ha sempre avuto un buon rapporto".
Melilla che incontrò Gaspari dopo la sua elezioni nel '92
nelle file del Pds, poco prima la distruzione della Dc sotto i
colpi di Tangentopoli, sottolinea un altro aspetto: "Gaspari
aveva un grande seguito personale ma non mai hai pensato di
depotenziare il partito che continuava ad essere una guida. Era
un uomo sempre disponibile verso gli altri".
Melilla evidenzia anche la onestà dell'indimenicato uomo
politico: "mi ha colpito molto all'epoca il fatto che Gaspari è
stato rigirato come un calzino, ma non è stato trovato niente di
poco trasparente o illegale: ha fatto clientelismo ma non ha
rubato, ha mantenuto sempre un profilo molto alto. Pure da
pensionato della politica ha continuato ad interessarsi
mantenendo aperta la segreteria a sue spese, anche questo fa la
differenza, assoluta, rispetto alla classe dirigente attuale".
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