"Per molto tempo mi sono fatto
condizionare dai giornalisti alla 'Paese sera', comunisti
ispirati allo schema "L'Aquila-Reggio". Schema che non ebbe
nessuno riscontro nella vicenda politica amministrativa. La
vicenda aquilana è stata contrassegnata più da esperienze
democratiche persino sperimentali che da rigurgiti di destra".
Così il docente di Storia moderna della università dell'Aquila
Umberto Dante, 73 anni di origini romane ma aquilano di
adozione, arrivato all'Aquila poco dopo i moti del '71, anno in
cui si stava laureando a Cagliari in Lettere moderne.
Il presidente dell'Istituto Abruzzese si Storia della
Resistenza e dell'Italia Contemporanea fa una rilettura da
storico. "Mi sembra indiscutibile questo dato:
dall'amministrazione Lopardi alle candidature di Pannella e di
Cecchini, alla stessa amministrazione Tempesta, sino alla
maggioranza attuale, niente di eversivo è apparso nella gestione
della vita pubblica. Lo stesso terrorismo comunista ha avuto una
dinamica mediocre e marginale. Anche 'tangentopoli' rientra in
tendenze nazionali. Gli episodi più rilevanti investono la
Regione Abruzzo e personaggi non aquilani -chiarisce lo studioso
per il quale "il '71 andrebbe completamente riconsiderato,
addirittura riproposto".
"Ritengo sia una chiave interpretativa da considerare.
Soprattutto in questi tempi recenti di crisi della politica e
dei partiti. Quelle sedi devastate e quella piazza autonoma e
carica di soggettività - aggiunge - mi sembrano realtà attuali.
Situazioni tutte da verificare, ma in ogni caso degne di una
valutazione ponderata. Certo, non dentro un ragionamento
grossolanamente marxista, come si fece negli anni '70. Ma alla
luce di un recupero delle identità, dei rapporti tra le
popolazioni e i poteri. E dentro una crescente crisi dei
principi basilari della democrazia".
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