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America's Cup, vogliamo capire cosa succede?

Facciamo il punto sulla 36 America's Cup, davanti e dietro le quinte

Responsabilità editoriale Saily.it

Barche in ritardo e con molte incognite. Nervosismo tra defender e sfidanti. La grana dei nuovi team iscritti last-minute che sta creando ritardi e dissidi. Depistaggi, ripicche, esposti all'Arbitration Panel. Tre consorzi ancora alla ricerca del budget. Un'estate di vari per i quattro big. Tra fantascienza, sogni, solide realtà e tantissimi dubbi, la regata-graal del mondo della vela, è in subbuglio. Breve inchiesta sullo stato di salute della Coppa America a 700 giorni da Auckland 2021

 

Meno di due anni alle regate di Auckland 2021 che scriveranno l'ennesimo capitolo della saga storica del più antico trofeo dello sport, ed è il caso di dire che siamo in alto mare. Barche talmente nuove da risultare sconosciute anche agli stessi creatori, pezzi per le produzioni one-design che sono nati in salita tra rotture e ricalcoli strutturali, designer umani e computer simulatori alla ricerca di soluzioni a problemi mai posti prima. Poi: sfide arrivate in ritardo, all'ultima chiamata, e senza tutte le carte (specialmente i biglietti verdi) sufficientemente in regola, o almeno con parecchia confusione. E - ovviamente - spionaggi, depistaggi, ripicche, esposti all'Arbitration Panel, disaccordi veri e presunti tra il detentore-defender e il primo sfidante Challenger of record, consueto stretching ai danni del documento-chiave, il Protocollo "governing" che in realtà continua a cambiare a ogni sbattere di finestra al vento. Benvenuti nel magico mondo della Coppa America di vela. Vogliamo fare il punto?

LE BARCHE - Una Coppa America, come ogni regata, si fa con un certo tipo di barche, una "classe" con le sue regole di stazza. Dopo due Coppe con i catamarani volanti, lunghi e più piccoli, si torna al monoscafo (per espresso e dichiarato volere dello sfidante-alleato Luna Rossa Prada, Patrizio Bertelli, che allo scafo singolo ha condizionato persino la sua partecipazione. Tutti hanno pensato (e diciamolo: sperato) in un ritorno a una Coppa e a una vela più "tradizionale", non per conservatorismo o rifiuto del progresso tecnologico, ma per una più banale voglia di vedere regate normali, combattute, match race ravvicinati, dove il sale fossero ancora gli elementi fondanti di questo sport: stille di velocità, regolazioni spasmodiche, studio sui materiali e le forme di opera viva e opera morta, corpo a corpo in regata, dalla partenza alle boe all'arrivo, con tattica e strategia come materie-clou.

Niente (o quasi) di tutto questo. Al diktat Bertelliano del monoscafo ha fatto seguito il concepimento della classe AC75, sorta di trimarani volanti con uno scafo unico centrale, si, ma senza chiglia (una barca a vela senza chiglia?), sostituita da due bracci laterali semoventi, molto larghi sulle due murate e culminanti con due foil zavorrati. Promessa: andranno più veloci dei catamarani volanti visti a Bermuda (che sfioravano i 40 nodi). Passato il logico momento di entusiasmo e curiosità, ci si è cominciati a fare domande e risposte. Saranno barche pericolose? Assai. Saranno barche sulle quali le abilità tradizionali dei velisti (bravi timonieri, bravi tattici, bravi trimmer, bravi prodieri) conteranno ancora? Ahimè, sempre meno. Vedremo regate combattute e ravvicinate? Raramente. E poi: questa scelta favorisce una Coppa con tante sfide, tante nazioni, tanto interesse? A quanto pare non tanto: tre sfide "vere" e un defender fa quattro team, meno di Bermuda. I tre late-challengers sono tutti ancora da verificare, e per ora hanno causato solo problemi e ritardi.

C'è anche una visione più ottimistica della quale è giusto dare conto. Le nuove barche potranno segnare un passo avanti nella storia della navigazione a vela.  Le regate avranno tassi di emozione e adrenalina che potrebbero coinvolgere un pubblico vasto e nuovo alla vela. La rivoluzione è tale che con tutti i cervelloni al lavoro emergeranno tante trovate di design che faranno parlare ed entusiasmare gli appassionati e non. Del pacchetto AC75 fa parte il rig albero-vele che prevede altre novità succosissime e tutte da scoprire nei mesi a venire, potenzialmente applicabili un domani anche a barche più normali, da regata o da crociera. Vedremo. Dentro al frullatore ci sta tutto, e l'unica cosa certa è che questa è l'America's Cup.

LA COSTRUZIONE E I VARI - Come si sa, il COR (challenger of record) Luna Rossa ha avuto l'incarico di progettare e realizzare i bracci one-design (uguali per tutti), da consegnare per essere installati sulle barche che ogni team si disegna e costruisce per conto proprio e con le personalizzazioni previste (scafi, foil e timoni, tanto per cominciare). La realizzazione di queste parti così innovative ha avuto degli intoppi, a causa di ripetute rotture ai carichi previsti, tanto da richiedere una sorta di consulto con il defender, oltre che il massimo coinvolgimento delle strutture e professionalità del cantiere italiano Persico, per arrivare con qualche mese di ritardo a una soluzione efficiente.

Tutti i team accreditati (defender Emirates Team New Zealand, COR Luna Rossa, American Magic e Ineos UK) sono più o meno allo stesso punto, con un programma di costruire due barche (il massimo consentito dal Protocollo) e con le prime da varare non più a inizio 2019 o a primavera come previsto, ma in estate. Farà caldo tra giugno e agosto, vedremo scendere in acqua quattro barche nuovissime, quattro interpretazioni (chissà quanto diverse) della regola di stazza AC75 e della sua altissima innovazione. Quella kiwi, poi, sarà interessante anche per un motivo in più: sarà di fatto la barca, o meglio il pacchetto barca-attrezzatura-vele, che il defender sta vendendo ai tre late-challengers, quindi potremo immaginare quelle forme con le scritte "Stars & Stripes", oppure (Malta) Altus Challenge, o ancora The Dutch, o The Netherlands...

Non è improprio attribuire una importanza notevole alla sequenza dei primi vari. Persino alla tempistica. Una classifica dei team è impensabile prima delle regate? Certo, ma a farsi un'idea, tra segnali reali e vocine di banchina non si va mai troppo fuori strada. 

GLI SFIDANTI RITARDATARI CHE FANNO LITIGARE GLI ALTRI (TRANNE BEN AINSLIE...) - Gli ultimi accenni ci hanno portato al tema caldo degli ultimi tempi, i nuovi sfidanti, arrivati al pelo sulla scadenza, con tasse di iscrizione aggiuntive e salate, e tutti apparentemente privi di una vera autonomia finanziaria che garantisca di arrivare alla Prada Cup e all'America's Cup presented by Prada. Nazioni e circoli importanti, nomi di un certo peso, eppure ciascuno con qualcosina che manca per stare tranquilli. Ma soprattutto, tre sfide capaci di far innervosire seriamente i rapporti tra defender e sfidanti. Vediamo perchè.

I neozelandesi hanno ricevuto e gestito le sfide, facendo anche annunci in autonomia (arrivate 8 sfide, tre delle quali hanno i requisiti, poi gli annunci in sequenza: Malta, S&S, gli olandesi di Simon Tienpont con la primadonna Carolijn Brouwer), e facendo anche "affari" con queste sfide, dichiaratamente con programmi di una sola barca da varare, alle quali ha venduto il suo pacchetto base di barca 1. Niente di nuovo per carità, cosa non si fa per aumentare il numero di team e quindi il potenziale di interesse e spettacolo, e al contempo fare autofinanziamento (si parla di 5 milioni di dollari per il package). Ma c'è un però.

Accettare le nuove sfide significa ritardare tutto il programma, a cominciare dall'America's Cup World Series, il cui inizio (annunciato in pompamagna a Montecarlo) a Cagliari nell'ottobre 2019, e che ormai è slittato alla primavera 2020. Più sfide poi significa, per il defender, il vantaggio di logorare i challengers. A Luna Rossa l'atteggiamento del defender, che accetta sfide che diventano sue clienti e crea imbarazzo sui tempi, facendo saltare l'esordio programmato in Italia, non va a genio, e quindi apre un caso all'Arbitration Panel. Il quale ci mette un po' a deliberare, e allora Patrizio Bertelli in persona va ad Auckland si riunisce con Grant Dalton e trova un compromesso, venendo incontro ai nuovi sfidanti. Non è finita, però, perchè anche New York (facile immaginare che preferiscano restare l'unica sfida a stelle e strisce senza la concorrenza che arriva dalla West Coast) punta i piedi e chiede agli Arbitri di intervenire. Questi però deliberano in favore dei late challengers.

Singolare nella vicenda il silenzio della sfida inglese di Ben Ainslie, Ineos Team UK, che evidentemente preferisce lavorare e non occuparsi di diatribe legali, non ritiene che i late challenger siano minacce per lei, e quindi vive e lascia vivere. Il tasso di nervosismo come spia, inversamente proporzionale, della solidità di un team, anche solo psicologica a questo punto della Coppa.

E ADESSO? SFIDANTI (E CALENDARI) AL BIVIO - Ora che defender e COR si sono accordati e hanno cambiato il Protocollo, e che l'Arbitration Panel li ha ammessi definitivamente, a patto che rispettino le nuove scadenze a rate per il pagamento delle entry fee, cosa vedremo dai tre nuovi sfidanti? Mentre i quattro big stanno per varare le barche (notti e giorni blindatissimi nei rispettivi cantieri, nuovi sponsor da sistemare nelle grafiche, e vari tecnici per i test strutturali da fare di nascosto prima dei vari-evento che si stanno preparando), Malta, Los Angeles e Scheveningen sono davanti al bivio cruciale. Pagare le rate dell'iscrizione alle scadenze previste, e andare avanti su tutto il resto, basi, team, cantiere, per varare l'unica barca a primavera 2020, in tempo per partecipare alla prima ACWS di Cagliari (marzo, aprile?) senza la quale perderebbero il diritto stesso di fare Prada Cup e America's Cup by Prada. O ritirare in buon ordine le sfide stesse.

I rumors dicono che gli olandesi hanno difficoltà a completare il budget, e la stessa cosa capita agli statunitensi, ai quali non è bastato evidentemente riesumare il brand che fu di Mr America's Cup Dennis Conner. Altri tempi, più romantici. Oggi contano altri aspetti, e i conti si fanno prima, impietosi. Discorso un po' diverso per Malta, nata con la spinta di un imprenditore italiano (Pasquale Cataldi con la sua Altus, player nell'immobiliare di extra lusso) e supportata strutturalmente da un accordo di sostegno finanziario dal governo della piccola isola mediterranea. Le crisi politiche a Malta hanno però fatto saltare questo accordo, e così Cataldi e il suo team (nel quale spicca l'avvocato Hamish Ross, potente ex legale di Alinghi) fanno intendere che potrebbero togliere il nome "Malta" dalla sfida (che resterebbe comunque con il Royal Malta Yacht Club, col quale resta ottima la sintonia) sostituendolo con altro partner. A patto di trovarne.

Anche sui nomi dei team i tre late-challengers sono ancora al palo. La premiata coppia Buckley-Clanfield a Long Beach ha pensato bene di lanciare un reclutamento online negli USA, iniziativa interessante e lodevole che certo indica un certo affanno rispetto ai tempi di team che hanno già basi operative. Simeon Tienpont oltre al video, ai circoli sfidanti (due, persino troppi) e al nome dell'ex olimpica e Volvo Ocean Race Carolijn Brouwer, non sta sciorinando nomi e cognomi, e molti lo immaginano piuttosto col cappello in mano a cercare sponsor.

Infine Malta, che resta una specie di simpatica mina vagante. C'è chi li tratta con ironia un po' sprezzante, chi li accusa in linea preventiva per le voci sulle trattative verso l'ingaggio di Iain Percy e mezzo team Artemis (sarebbe un bel colpaccio, ma c'è da superare le delicate regole sulla nazionalità dei componenti del team, vedremo), eppure paradossalmente potrebbe essere proprio l'isoletta quella messa meglio dei tre ritardatari. Annunci importanti sono comunque nell'aria e ci diranno come stanno davvero le cose.

Tra le stranezze di questi giorni (come quella di non ufficializzare il segreto di Pulcinella del rinvio della regata di Cagliari dal 2019 al 2020) c'è anche un passaggio in un comunicato ufficiale sull'Arbitration Panel, in cui di fatto il defender accusa New York di aver reiterato il caso anti-nuove sfide causando un ritardo il quale "metterebbe a rischio la sfida maltese". Non si capisce bene perchè un comunicato riporti questa nota, quali elementi abbia in concreto la sua tesi. E' piuttosto inaudito che in un comunicato ufficiale che riporta una delibera dell'istituzione giuridica a tutela del Protocollo si faccia riferimento allo stato di salute (evidentemente ritenuto precario) di un team. Come si vede gli elementi di nervosismo restano alti. Sullo sfondo il thrilling più grosso, quello per vedere se alla fine, davvero, queste AC75 staranno in piedi, voleranno veloci e abbastanza stabili da farci credere che l'America's Cup è ancora e sempre il sacro Graal dello yachting a vela.

Responsabilità editoriale di Saily.it