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Ocean Race chiama, Bolzan risponde

Regata intorno al mondo 2021-2022

Responsabilità editoriale Saily.it

OTTIMISMI ANTIVIRUS - Incontro con Alberto Bolzan, unico italiano alle ultime due regate intorno al mondo Volvo Ocean Race. Cosa fa adesso? Semplice, prova a portare al via della prossima The Ocean Race un team italiano in grado di vincere nel grand finale di Genova nel 2022. Ecco come e perchè...

 

Alberto Bolzan, classe 1982, uno dei palmares più completi tra i velisti della sua generazione (quattro titoli mondiali, quattro europei) su tutti i tipi di barche dalle derive ai maxi passando per i monotipi, inshore e offshore. In campo oceanico, è l'unico italiano ad aver partecipato alle due ultime edizioni della Volvo Ocean Race. E ha un sogno da grande: portare sulla linea di partenza ad Alicante una barca italiana competitiva per cercare di tagliare il traguardo del grand finale a Genova da vincitore. La prossima edizione di The Ocean Race è un'opportunità imperdibile per la Superba e per tutta la vela italiana. Però ci ha detto Alberto, il tempo stringe...

Saily: prima di parlare di Ocean Race, volevamo tornare un attimo con te sulla tua carriera prima di diventare velista oceanico. Tra tutte le tue esperienze, quale ti ha più direttamente spinto a fare il giro del mondo?

Alberto Bolzan: Probabilmente tutto è iniziato dalla passione per le regate lunghe, ma in particolar modo facendo il Giro d’Italia (regata che ha vinto 4 volte, Ndr). Era una regata davvero spettacolare, aveva un format bellissimo, un mix tra regate inshore e regate offshore su monotipi. Questo dava la possibilità ai giovani velisti che venivano dalle classi olimpiche di mettersi in mostra e di fare un po’ di offshore. Sin da piccolo mi è sempre piaciuto andare in barca, ma la passione per l'offshore è nata con le esperienze al Giro.

Torniamo ancora di più nel tuo passato, non è scritto nella stua scheda biografica su Facebook ma si suppone che inizi con l'Optimist, come tutti...

Sì esattamente, ho fatto un po’ di anni su Optimist, poi sono passato alla classe l'Equipe che è un doppio giovanile d'iniziazione con equipaggio di due persone. Ci sono salito a 14 anni, ci sono rimasto due anni. Sono stati due anni belli in cui abbiamo vinto due campionati europei, è stata una bellissima esperienza. Fin da piccolo, mi è sempre piaciuto navigare con qualcuno. Da lì abbiamo fatto il salto grosso, nel senso che siamo passati direttamente al 470 senza passare per il 420. A 15-16 anni mi sono ritrovato a scontrarmi con i grandi esperti in una delle classi più difficili. Erano gli anni dei fratelli Ivaldi, poi Zandonà. Anni in cui abbiamo preso un sacco di bastonate, ma poi alla fine quelle bastonate sono servite. Da un lato i risultati sono tardati ad arrivare ma abbiamo comunque fatto una grande esperienza in giovane età.

Per riassumere sei un competitore, non sei un solitario.

Mi piacciono le regate in equipaggio, sì! (ride)

Cosi arriviamo alla tua prima partecipazione a The Ocean Race nel 2014/2015 con il Team Alvimedica. Non eravate tra i favoriti in partenza ma siete riusciti a fare belle cose.

Alvimedica era un bellissimo progetto, solido e impostato molto bene. Abbiamo avuto allenatori di grande esperienza come Paul Cayard e altri. Coach che hanno cercato di trasmettere la loro esperienza a un equipaggio di giovanissimi velisti. Proprio grazie a questa impostazione abbiamo imparato abbastanza in fretta a conoscere la barca. Siamo partiti sicuramente come outsider con un equipaggio Under 30. Io ne avevo poco più di 30, ma ero uno dei pochi a bordo che aveva navigato sui maxi con canting keel, è così che sono riuscito a entrare nel team, perché timonavo da diversi anni il Maxi Esimit Europa. Abbiamo sofferto un po’ nella prima parte ma poi la seconda abbiamo vissuto la regata tra i protagonisti vincendo anche delle tappe, un'altra bellissima esperienza.

Seconda partecipazione su Team Brunel, con a bordo gente come Peter Burling. Che esperienza è stata?

Anche questa è stata una grande esperienza. Purtroppo il progetto è nato tardissimo e l'abbiamo pagato caro nella parte iniziale. Non abbiamo avuto modo di navigare insieme. Ricordo che solamente una settimana prima della partenza, abbiamo navigato per la prima volta con l'equipaggio ufficiale. Questo c'è costato molto. Alla fine la vittoria c’è sfumata tra le mani a pochissime ore del traguardo dell’ultima tappa. Ma in realtà abbiamo perso la regata navigando piuttosto male nella prima parte. Nella seconda parte invece abbiamo fatto il salto di qualità sfruttando appieno il valore e il livello tecnico dell’equipaggio.

Abbiamo inanellato una serie di vittorie consecutive che ci ha permesso di tornare a pari punti con l’equipaggio di Dongfeng e Mapfre prima dell’ultima tappa. E' stato un grandissimo recupero, una bella soddisfazione, purtroppo la sorte non è stata dalla nostra parte e rimane un po' di rammarico. Probabilmente se avessimo avuto un po’ più di tempo a disposizione per prepararci, le cose sarebbero andate diversamente. Ma ormai fa parte del passato, guardiamo il futuro.

Arriviamo al futuro, ti abbiamo visto recentemente allo Yacht Club Italiano per una conferenza in presenza del nuovo presidente Gerolamo Bianchi, del sindaco di Genova Marco Bucci...

La serata allo Yacht Club Italiano non aveva nessun fine diretto in vista della futura Ocean Race. Era una serata che volevamo fare perché è un argomento di assoluta attualità. Genova ospiterà la tappa finale della prossima edizione, c'è tantissimo interesse intorno a questo evento. Abbiamo fatto la serata per raccontare in dettaglio l’esperienza dei due precedenti giri del mondo che ho potuto fare. Testimoniare dell'importanza e dell’opportunità che rappresenta l’arrivo di una regata del genere in una città come Genova, così legata al mare.

(Saily stava per fare una domanda...)

Arrivo io alla prossima domanda. C’è davvero tanto interesse per questo evento, c'è la voglia di avere una barca italiana per la prossima edizione: è una cosa che ci aspettiamo tutti e ci sono tante persone che stanno cercando di dare il loro contributo per far si che si realizzi questo sogno. A me in prima persona piacerebbe fare il giro del mondo a bordo di una barca italiana, bisogna lavorare sodo e fare tutto per cercare di concretizzare questo sogno. I media ci daranno una mano?

Per quanto ci riguarda, siamo qui proprio per cercare di veicolare questo sogno...

La cosa che mi fa piacere è che c’è un grandissimo sostegno non solo tra tutti quelli che seguono la vela, vedo interesse anche nel pubblico non strettamente velico. La cosa difficile ora è riuscire a mettere in pratica, trovare le risorse e riuscire a far partire un progetto che è di difficile realizzazione ma che vale sicuramente la pena. Ci stiamo provando e speriamo di riuscire a incasellare tutti gli elementi per far partire questo progetto.

Sono due le classi ammesse per la prossima edizione, VO 65 o Imoca 60. La scelta di correre in una classe piuttosto che l'altra è un criterio importante in questa in questa fase preliminare?

Sono sincero: questa è una scelta da fare una volta che il progetto sarà impostato e si capirà le risorse a disposizione. Sono due classi diverse con costi diversi. Anche su questo sarò sincero: l’obiettivo non è di sapere come si potrebbe andare a partecipare, piuttosto qual è l’ambizione del progetto. La mia ambizione non è di fare una barca italiana soltanto per partecipare, il mio scopo è fare una barca italiana competitiva per poter vincere questa regata. L’importante è creare un team che condivida questa ambizione. Poi, con tutte le varie opzioni in mano, far sì che il progetto abbia il massimo a disposizione per vincere, che sia su V065 o Imoca. Questa è secondo me la filosofia su cui basare questo progetto.

Sei accompagnato, c’è un team che ti aiuta in questa fase?

Parlare di equipaggio in questo momento non avrebbe senso, ci sono persone con cui parliamo, diversi gruppi di lavoro. Adesso, l’obiettivo più importante secondo me è raccogliere le idee, cercare di unire le forze e fare in modo che convergano. Non creare delle strade parallele che porterebbero soltanto a disperdere energie. È importante che tutti quelli che lavorano a questo progetto riescano a convogliare le risorse.

E il tempo stringe... In un’intervista che hai rilasciato al Secolo XIX hai suonato il campanello d’allarme dicendo, riassumiamo, ''siamo già in ritardo''

L’ho detto anche a Genova. Siamo davanti a un grosso problema. Anche trovando i fondi domani mattina è già tardi. Purtroppo il tempo è l’unica cosa che non si può comprare. I team più ambiziosi sono già in mare ad allenarsi. Qui abbiamo assolutamente urgenza di raccogliere idee e di metterle in pratica. Prima si parte più è facile riuscire ad arrivare sulla linea di partenza con una preparazione adeguata: è la lezione che ho imparato nell’ultimo giro, errore che non va assolutamente ripetuto.

Responsabilità editoriale di Saily.it