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Totti sul fairplay del figlio: 'Io avrei segnato, poi sarei andato dal portiere'

L'ex capitano della Roma ospite di Fazio a 'Che tempo che fa'E' il commento scherzoso dell'ex capitano della Roma, ospite di Fazio, sul fairplay del figlio che preferisce non segnare per soccorrere il portiere avversario

Il video di Totti è tratto dalla trasmissione 'Che tempo che fa' www.raiplay.it

È stato un giorno differente da tutti gli altri trascorsi in 25 anni di carriera. Sapevo che era la fine. Terminavo a Roma, con la mia maglia, nella mia squadra, proprio come avevo sognato fin da bambino. Per amore di questi colori ho scelto la Roma per sempre. Mi posso reputare un ragazzo fortunato sotto tutti i punti di vista, anche senza aver vinto tanto: per me la vittoria più grande è stata quella". Queste le parole di Francesco Totti ospite della trasmissione 'Che tempo che fa' su Rai Uno.

L'ex capitano e attuale dirigente della Roma parlando del giorno dell'addio al calcio ha ricordato che "volevo fare un discorso diverso da tutti gli altri. Volevo fare una cosa semplice ed esternare a tutti i tifosi l'amore che avevo sempre provato durante la mia carriera per la maglia giallorossa". La lettera che ha poi letto sul campo, è stata preparata assieme alla moglie Ilary: "Abbiamo iniziato a parlare del discorso un mese prima, volevo fare una cosa diversa dagli altri, seppur semplice. Le ho chiesto di aiutarmi - ha ricordato Totti che giovedì al Colosseo, nel giorno del suo 42/o compleanno , presenterà l'autobiografia in un evento il cui ricavato andrà in beneficenza all'Ospedale Bambino Gesù-. abbiamo buttato giù un pò di cose che potessero spiegare il mio amore in questi 25 anni per questa maglia. Mentre mi preparavo da solo a casa e rileggevo il discorso continuavo a piangere, mi bloccavo solo quando vedevo Cristian e Chanel, cercavo di non farmi vedere da loro".

Curioso l'aneddoto raccontato anche nel libro in uscita: "un giorno andiamo in visita nel carcere di Rebibbia - ha raccontato Totti - e facciamo il giro panoramico di tutte le celle, andiamo a trovare questi detenuti che tifavano per ogni tipo di squadra. Erano tutti contentissimi, per loro vedere i calciatori era come vedere il Papa. In questa sala c'era un bancone dove noi facevamo autografi e foto, e c'era un ragazzo che strillava e gesticolava, senza che nessuno lo facesse passare. Poi è venuto, si è fatto la foto per primo con me, non sapevo perché aveva fretta. Ho saputo poi che in realtà lui doveva uscire una settimana prima, ma che poi aveva chiesto il permesso di restare una settimana in più per incontrarmi".

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