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Una cura contro la disuguaglianza in salute

Una cura contro la disuguaglianza in salute

Il nuovo contributo per la rubrica #Vistodaimillennials che ospita le parole dei giovani lettori di Ansa.it

02 giugno 2018, 16:34

di Felicia Cuoco*

ANSACheck

Foto d 'archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto d 'archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lo stato di salute di un individuo o di una popolazione è determinato da molteplici fattori strettamente correlati tra loro, quali istruzione, assistenza sanitaria, reddito, occupazione, tipologia dell’abitazione, situazione familiare, stili di vita.

È evidente come il destino della salute dipenda da una serie di determinanti (1) e di livelli di responsabilità: individuale circa i comportamenti e gli stili di vita; familiare o di gruppo circa le relazioni affettive e sociali; del governo locale o nazionale circa le politiche sociali, del lavoro e dell’assetto del territorio; dei soggetti sovranazionali (Nazioni Unite, Organizzazione Mondiale della Sanità, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale ecc.) che hanno il potere di regolare i rapporti tra gli Stati, tra gli Stati e le imprese economiche e finanziarie multinazionali, e di influenzare i meccanismi macroeconomici che sono alla base della ricchezza e dello sviluppo di alcuni, e della povertà e del sottosviluppo di altri.

Però tutto questo non basta per definire il vero stato di salute di una persona o di una nazione perché esistono delle variazioni dello stato di salute che sono ingiuste.

Il 23 maggio 2018 i delegati dell’Assemblea Mondiale della Sanità hanno concordato il 13° programma generale di lavoro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (GPW), che stabilisce tre obiettivi importanti, che potrebbero salvare 29 milioni di vite, da raggiungere entro il 2023 (2):

1) 1 miliardo di persone in più beneficino di copertura sanitaria universale;
2) 1 miliardo di persone in più siano meglio tutelate dalle emergenze sanitarie;
3) 1 miliardo di persone in più beneficino di una salute e di un benessere migliori.

Quest’ultimo ed altri provvedimenti sono stati addottati perché la distribuzione ingiusta dei determinanti della salute (come l’accesso all’istruzione, un lavoro sicuro, il reddito, l’assistenza sanitaria, la rete delle relazioni affettive) ha inevitabilmente creato delle disuguaglianze a livello delle varie classi sociali.

Numerosi studi pubblicati negli ultimi 20 anni hanno dimostrato che in tutta Europa i cittadini in condizioni di svantaggio sociale tendono ad ammalarsi di più, a guarire di meno, a perdere autosufficienza, ad essere meno soddisfatti della propria salute e a morire prima.

Inoltre è stata esaminata l’evoluzione delle diverse cause di mortalità in funzione dello sviluppo di un Paese: appena un Paese comincia ad arricchirsi, le prime malattie ad essere debellate sono quelle associate alla povertà (tubercolosi, colera, morbillo); invece restano i cosiddetti “mali dell’opulenza”(malattie cardiovascolari, malattie degenerative e tumori).

Le società sono attraversate da un gradiente di salute e il posto occupato da ciascuno di noi in relazione a tutti gli altri è rilevante: chi si trova sopra di noi nella scala sociale gode di una salute migliore, chi sta sotto soffre di condizioni peggiori.

È noto da anni che i problemi di salute sono diffusi nelle società caratterizzate da maggiori disparità socioeconomiche: ad esempio Italia, Irlanda, Australia, Grecia, Nuova Zelanda, Gran Bretagna, Portogallo, USA.

Nelle società contraddistinte da maggiore diseguaglianza socio-economica i redditi più alti sono associati a tassi di mortalità più bassi; inoltre i disturbi mentali appaiono cinque volte maggiori nelle società diseguali rispetto alle società dove la sperequazione dei redditi è più contenuta; analogamente, nelle società con maggiori disparità economiche c’è una probabilità cinque volte più alta di finire in prigione e una probabilità sei volte maggiore di essere obesi, e anche i tassi di omicidio possono essere notevolmente più elevati. Variazioni così pronunciate si spiegano semplicemente con il fatto che la diseguaglianza non esplica i suoi effetti deleteri solo sulle persone meno abbienti, bensì sulla stragrande maggioranza della popolazione.

Uguaglianza non significa essere identici: significa ridurre le disparità dei tenori di vita dei membri della società. Quanto maggiore è la disparità dei redditi, tanto più grandi sono le distanze tra i membri della società e tanto più rilevanti sono la stratificazione sociale e le distinzioni di classe, attorno alle quali cresce la disuguaglianza.

È quindi evidente che i governi di tutte le nazioni dovrebbero attuare un principio di uguaglianza sociale, in modo da uniformare la distribuzione della ricchezza e accrescere il benessere sociale e psico-fisico delle popolazioni.

(1) http://www.instituteofhealthequity.org/
(2) http://www.who.int/news-room/detail/23-05-2018-world-health-assembly-delegates-agree-new-five-year-strategic-plan

 

- CHI E' L'AUTRICE -

*Felicia Cuoco – 22 anni, studentessa al secondo anno del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università Sapienza di Roma- sede Azienda Ospedaliera Sant’Andrea. Da sempre è appassionata di scienza e delle cose giuste. Nel 2012 si è classificata prima al concorso “Per ricordare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino” indetto dalla Provincia di Roma. Interessata alla letteratura e alla divulgazione scientifica, nella XII edizione del Premio Galileo per la divulgazione scientifica 2018 tenutosi a Padova è stata Membro della Giuria Esterna.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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