PORDENONE - "La prima volta che ho osservato veramente qualcuno è stato nel mio ambulatorio". Andrea Vitali, presentando a Pordenonelegge il suo romanzo 'Gli ultimi passi del sindacone' (Garzanti), ha messo a nudo il proprio modo di forgiare i personaggi. "Fino ai venticinque anni - ha raccontato - i miei contatti con amici e conoscenti sono stati ridotti al minimo, essendo io costretto lontano da casa dagli studi. Quando iniziai a esercitare la professione di medico di base, però, mi resi conto che era proprio così che si svolgeva il mio lavoro: osservando ed ascoltando. Ora le cose sono diverse, ma allora gli strumenti fondamentali di un medico erano occhi e orecchie. E questo mi ha permesso di costruirmi un intero archivio di minuscoli dettagli, vizi, vezzi, movimenti, sfumature emotive: una collezione di micro-caratteristiche da cui i miei personaggi hanno iniziato a nascere quasi spontaneamente". Ma l'influenza del Vitali medico sul Vitali scrittore non si ferma qui. Per sua stessa ammissione: "I miei romanzi mancano di crimine. Fatico a far morire un personaggio - ha ammesso - significa che non potrò mai più utilizzarlo. E se una trama richiede fortemente che qualcuno venga sacrificato, allora cerco di fare in modo che se ne vada nel modo più lieve possibile: una sorta di eutanasia letteraria".
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Pordenonelegge