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Aldo Giannuli

Ai tempi del coronavirus

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Aldo Giannuli è nato a Bari, il 18 giugno 1952. È ricercatore in Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Milano e, per diversi anni, è stato consulente delle Procure di Bari, Milano (strage di piazza Fontana), Pavia, Brescia (strage di piazza della Loggia), Roma e Palermo. Dal 1994 al 2001 ha collaborato con la Commissione Stragi ed “è salito alla ribalta delle cronache giornalistiche” quando, nel novembre 1996, ha contribuito alla scoperta di una gran quantità di documenti non catalogati dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, nascosti in quello che poi è stato definito come l’“archivio della via Appia”.
L’esperienza come perito gli ha permesso di sviluppare una significativa dimistichezza con fonti della Storia Contemporanea che spesso gli storici ancora oggi faticano ad utilizzare con familiarità, come fonti giudiziarie, fotografie, video e testimonianze orali. Frutto di quella stagione di studio e ricerca, sono stati diversi volumi, tra cui quelli per L’Unità sulla Strategia della tensione, “Bombe a inchiostro”, “L’Abuso pubblico della Storia” e infine, “Il Noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro” (2011).
Da alcuni anni, pur mantenendo passione ed interesse verso la Storia dell’Italia Repubblicana, ha esplorato nuovi ambiti di ricerca storica contemporanea, con particolare attenzione al ruolo dell’intelligence e dell’open source intelligence nella società dell’informazione e alle sfide che la Globalizzazione e la crisi dei processi di modernizzazione, tradizionalmente intesi, pongono al mondo contemporaneo. In questo solco si inseriscono i volumi “Come funzionano i servizi segreti” (2009), “2012 la grande crisi” (2010), “Come i servizi segreti usano i media” (2012), “Uscire dalla crisi è possibile” (2012), “Guerra all’Isis” (2016). Più recentemente ha pubblicato i volumi “La strategia della tensione” (2018) e “Storia della “Strage di Stato”” (2019).

Ai tempi del coronavirus

La pandemia è in pieno corso (e forse è solo all’inizio della sua parabola) per cui sarebbe velleitario tentare da adesso un inventario dei problemi che la pandemia ci lascerà. Tuttavia, ci sono delle evidenze già da ora che ci segnalano alcune delle emergenze che seguiranno a questa. Infatti, è facile prevedere che il contagio biologico attiverà una serie di contagi a catena: prima quello psicologico (già attivato e che si svilupperà), poi quello finanziario (anche questo già partito), poi quello economico, quindi quello sociale (in parte iniziato), infine quello politico e –speriamo di no- quello militare. E sappiamo tutti che l’anno si concluderà, per la prima volta dal 1945, con una recessione che segnerà una caduta del Pil mondiale.
Ed è di altrettanto facile intuizione che i servizi di intelligence stiano già lavorando su tutto questo in funzione dei rispettivi interessi nazionali. Se questo non è già partito già da prima del conclamarsi della pandemia: si sa che nel 2015 un laboratorio inglese brevettò un nuovo virus assai simile a quello attuale; che dal tardo autunno dell’anno scorso ci sono state esercitazioni e simulazione di un possibile contagio pandemico di coronavirus simile alla Sars. Questo non vuol dire che l’epidemia sia stata scatenata volontariamente da qualcuno (c’è un limite anche alla pazzia criminale), ma che qualcosa c’era nell’aria (in fondo i primi casi in Cina risalirebbero a fine novembre) forse il sentore di una fuga accidentale da laboratorio. E sarebbe quantomeno ingenuo pensare che i servizi di intelligence mondiale non si siano via via allertati, ma, a maggior ragione, è impensabile che non lo stiano facendo ora a pandemia conclamata.
E sarà un nuovo contagio: il contagio di intelligence.
Aldo Giannuli

 

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