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>>>ANSA/ Una macchia di razzismo nei diari di Albert Einstein

Scritto di viaggio svela pregiudizi, 'cinesi sporchi e ottusi'

(di Alessandro Logroscino) 

Una patina d'insospettabile pregiudizio razzista si deposita sulla memoria di Albert Einstein: il genio della fisica moderna e padre della relatività divenuto negli anni americani campione di tolleranza e d'impegno civile dopo essere stato costretto a lasciare la Germania solo in quanto ebreo. A svelare questa macchia nascosta, figlia di una mentalità diffusa (ma non universale) fra le elite europee della sua epoca, sono i diari di viaggio, finora inediti, di un tour asiatico durato oltre 5 mesi che fra il 1922 e il 1923 lo portò in Cina, Singapore, Hong Kong, Ceylon e Giappone, dopo tappe in Spagna e nella Palestina sotto mandato britannico.
    Diari pubblicati ora negli Usa e curati da Zeev Rosenkranz, senior editor dell'Einstein Papers Project al California Institute of Technology, nei quali il giudizio sui cinesi appare irrimediabilmente xenofobo e senz'appello.
    Il popolo di quella terra lontana, allora esotica, vi viene descritto - stando ad anticipazioni comparse sul Guardian - come "industrioso, ma sporco e ottuso", gente "spesso più simile ad automi che a persone". "Sarebbe un peccato se i cinesi soppiantassero le altre razze: per quelli come noi, il solo pensiero è indicibilmente cupo", insiste più avanti il grande scienziato, coronato già nel 1921 con il premio Nobel per la fisica, lasciandosi andare agli "stereotipi" del suo tempo, come ammette lo stesso editore, in un florilegio di impressioni rapsodiche da un mondo lontano e considerazioni sparse su scienza, filosofia, arte, religione e politica. Considerazioni "bizzarre, spicciole e talora irriverenti", le definisce il curatore. Certo lontane dagli accenti di denuncia morale che in altri momenti della sua vita lo avrebbero portato a bollare il razzismo come una forma di "malattia dei popoli bianchi". E destinate a "sollevare interrogativi sulle sue vere attitudini rispetto alla questione della razza", riconosce Rosenkranz. Altrove Einstein nota sconcertato come "i cinesi non si siedano per mangiare, ma si accuccino" e aggiunge che anche i bambini gli paiono "avviliti e ottusi". Non manca, nelle parole del curatore, "una dose di estrema misoginia aggiunta alla xenofobia". Come quando egli si dispiace della "poca differenza fra uomini e donne" in Cina. Nettamente più favorevole è invece l'impressione sui giapponesi, mentre Ceylon, l'attuale Sri Lanka, viene liquidata come un'isola coperta "di grande sporcizia": dove "la gente fa poco e ha bisogno di poco". Per Zeev Rosenkranz, è in effetti il tono generale di questo scritto intimo a risultare "decisamente sgradevole". Sui cinesi soprattutto, ma non solo. Un tono che "contrasta con l'immagine pubblica di grane icona umanitaria", del celeberrimo scienziato.
    "E' stato un shock" leggere alcune di queste pagine, confessa al Guardian il ricercatore, cultore della vita di Einstein e custode di un archivio importante, tanto più che si tratta di pagine scritte "con la guardia abbassata, poiché non concepite per la pubblicazione". Quindi probabilmente più sincere rispetto alla retorica di certe "dichiarazioni pubbliche". (ANSA).
   

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