Si è presentato come il "salvatore" della Libia dal caos e dai gruppi integralisti islamici, ma non tutti hanno fiducia in lui e in molti lo temono. Khalifa Haftar, generale in pensione, 71 anni, proveniente dai ranghi dell'accademia militare di Bengasi, si è formato nell'allora Unione Sovietica e ha partecipato al colpo di stato del 1969 che portò al potere Muammar Gheddafi. Durante la guerra tra Libia e Ciad (1978-1987) Haftar, alla testa di un'unità, viene fatto prigioniero dall'esercito di N'djamena e sconfessato dal Colonnello. Secondo Tripoli, il generale non faceva parte delle sue truppe. E' a questo punto che entrano in campo gli Stati Uniti. Lo liberano con un'operazione dai contorni non chiari e gli concedono asilo politico. Negli Usa si unisce ai ranghi della diaspora libica, mentre sono in molti, a partire da Gheddafi, ad accusarlo di essere un agente della Cia.
Dopo vent'anni di esilio, rientra a Bengasi nel marzo 2011, poco dopo lo scoppio della rivolta contro il Colonnello, e viene nominato capo delle forze di terra dal Consiglio nazionale di transizione (Cnt), braccio politico della ribellione. Ai suoi ordini ci sono molti ufficiali del regime che hanno abbandonato Gheddafi.
Ma le autorità del 'governo' di transizione non hanno in lui completa fiducia. Lo considerano ambizioso, avido di potere e temono che punti alla leadership di una nuova dittatura militare. Una feroce rivalità lo oppone al generale Abdel Fatah Younes, comandante militare della ribellione assassinato in circostanze mai chiarite nel luglio 2011, mentre diviene sempre più evidente il largo sostegno di cui Haftar gode tra i militari dell'ex regime. Poco dopo la caduta di Gheddafi, 150 tra ufficiali e sottufficiali lo nominano capo di stato maggiore, mettendo il Cnt davanti al fatto compiuto.