Segnali di rallentamento e
prospettive incerte per i prossimi mesi per le piccole e medie
imprese del Mezzogiorno: per il quinto anno consecutivo, fino al
2017, registrano un andamento positivo del fatturato (+4,4%) e
del valore aggiunto (+3,5%), al tempo stesso emergono segnali
negativi come la ulteriore frenata della redditività lorda, con
i margini che crescono solo dello 0,5% e un indebitamento
sostanzialmente fermo (+0,4%), segno che per numerose imprese
l'accesso al credito resta difficoltoso. E' la fotografia in
chiaroscuro dello stato di salute delle Pmi nel Sud restituita
dal quinto rapporto Pmi Mezzogiorno 2019 Confindustria-Cerved
illustrato a Cagliari alla presenza del presidente di
Confindustria Vincenzo Boccia.
I risultati delle Pmi meridionali - 30mila in tutto con dai
10 ai 250 addetti, che da sole vantano oltre 136 miliardi di
euro di fatturato e un valore aggiunto di quasi 32 miliardi di
euro, pari a circa il 10% del Pil meridionale - sembrano,
dunque, aver raggiunto un punto critico. Pur configurandosi un
sistema imprenditoriale più solido fino a tutto il 2017, a
partire dal 2018 il quadro congiunturale mostra segnali di
frenata. A pesare sulla competitività è un costo del lavoro che
nel 2017 è tornato a crescere più del valore aggiunto, portando
il Clup al 69,8%. Tornano a crescere i fallimenti (+5,3%) e le
liquidazioni volontarie (+5,1%), segnali di peggioramento delle
aspettative future di profitto da parte degli imprenditori.
Secondo il rapporto sarà urgente intervenire sui fattori
strutturali di debolezza: la dimensione, la governance e la
propensione all'esportazione delle Pmi meridionali. In
particolare il salto richiede forti iniezioni di capitale
imponendo una progressiva apertura delle Pmi familiari, che sono
ancora la forma prevalente al Sud (74%) più ancora della media
nazionale: quasi una impresa meridionale su due è del tutto
chiusa ad ogni tipo di apporto esterno. Il salto potrebbe dare
energie per la sfida dei mercati internazionali. Su un totale di
30mila Pmi, quelle a forte vocazione internazionale sono ancora
troppo poche, solo 2.500, l'8,7% del totale (il 20,7% in
Italia).
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