"La gente non cerca un
prete perfetto, la gente cerca un prete vero". Questo cerca di
essere don Marco Pozza, protagonista su Tv2000 di quella
conversazione con Papa Francesco che ha portato al libro "Padre
nostro", scritto a quattro mani con Bergoglio. Don Pozza sembra
tutto fuorché un prete, e così si è presentato anche a
Pontedilegno alla serata che il festival "Una montagna di
cultura" gli ha dedicato: jeans, maglietta e scarpe ginniche,
per raccontare in pubblico la sua esperienza di cappellano nel
carcere di Padova.
Don Marco è stato protagonista di una delle serate più
affollate della rassegna organizzata dall'associazione
Pontedilegno-MirellaCultura al Centro Congressi Mirella.
Per due ore il sacerdote veneto ha coinvolto il pubblico
raccontando se stesso, la sua scelta che l'ha portato "ad essere
prima non un ragazzo normale ma un ragazzo felice, e oggi non un
prete normale ma un prete felice". A 38 anni, don Pozza è "un
ciclista mancato che vede nella fatica un dono". La sua, di
fatica, è quella di vivere accanto ai poveri. Lo ha scritto nel
suo ultimo libro, intitolato 'Il contrario di mio - Sfumature
randagie sul Padre Nostro'. "Il titolo me lo ha suggerito un
detenuto. Mi chiese quale fosse il contrario della parola 'mio'.
Gli risposi 'tuo'. 'Sbagliato - mi disse - il contrario di 'mio'
e 'nostro'". Don Pozza ha raccontato così il suo approccio con
la prima parrocchia a Padova, la ricerca di giovani per portarli
a pregare ("come? Andando nelle piazze di Padova, incuneandosi
fra loro, sparando cazzate come facevano loro", da qui il
soprannome di 'don Spritz'), la sofferenza di tre anni di studio
a Roma, l'esperienza del carcere, e infine lo straordinario
rapporto nato con Papa Francesco. "Io sono felice di essere
prete ma non sono sicuro di morire prete. Ci spero e basta".
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