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Bevilacqua la Masa, fucina artisti

Bevilacqua la Masa, fucina artisti

Quattordici atelier a Venezia, tra pittura e nuove tendenze

VENEZIA, 23 aprile 2018, 14:31

di Roberto Nardi

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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La vista sui tetti di Venezia, su campanili che pare di poterli toccare, toglie il respiro, come gli oltre novanta gradini che portano agli atelier all'ultimo piano di palazzo Carminati, a san Stae. Ci lavorano sei giovani artisti scelti dalla Istituzione Fondazione Bevilacqua La Masa per la "residenza" di un anno. Altri sette hanno studio dall'altra parte di Venezia, in un'ala dell'ex convento di Cosma e Damiano, all'isola della Giudecca. Da una parte, in stanze restaurate che hanno visto all'opera Vedova o Tancredi, e prima Moggioli o Gino Rossi, si respirano le tendenze che guardano al concettuale, allo spiritualismo della natura o all'uso di tecnologie o mezzi meccanici per fare arte; dall'altra, è un vortice di colori, di tele, di disegni, di sculture a riempire le volte dell'antica dimora un tempo luogo di preghiera. Per i 13 under 30 del contemporaneo - un quattordicesimo ha rinunciato per motivi personali - l'appuntamento è a metà maggio con la mostra che presenterà al pubblico il frutto del loro agire sotto le ali storiche della Fondazione. Un anno fa sono stati scelti: Ruth Berarha, Jaspal Birdi, Oscar Isaias Contrera Rojas, Alessandro De Petre, Barbara De Vivi, Chiara Enzo, Marta Fassina, Giacomo Gerboni, Yimin He, Francesco Pozzato, Valentina Rosa, Sonia Veronese, Matteo Vettorello, Xhabir Xhimi Hoti.

E' da 120 anni, dalla stesura del testamento fatta il 18 febbraio 1898 da Felicita Bevilacqua La Masa, che generazioni di giovani artisti si formano prima nelle sale-studio di Ca' Pesaro, poi a Palazzo Carminati e negli ultimi anni anche nei nuovi spazi della Giudecca. Curiosa storia quella dell'aristocratica, nata a Verona e sposa al generale Giuseppe La Masa, non particolarmente avvezza alla conoscenza delle arti visive, che nelle disposizioni testamentarie rivolge lo sguardo alle sorti dei giovani pittori, poveri o rifiutati dalla neonata Biennale, a cui destina l'uso, quale studi gratuiti o con un bassissimo affitto, dell'ultimo piano di Ca' Pesaro, lasciato in eredità al Comune di Venezia. Gli archivi datano 1901 le prime frequentazioni. A metà degli anni '20, il passaggio al poco lontano Carminati e infine anche all'ex convento.
"E' uno spazio fantastico" dice Barbara mentre si muove, nello studio che si affaccia sul cortile dell'ex convento, tra dipinti saturi di colore che suggeriscono storie, "principi di narrazione", attraverso spunti disseminati nei quadri che portano alla mente frammenti di Tintoretto, di Gericault, di Rubens. Vicino c'è un artista messicano, più in là un albanese che confina con un cinese. Tutti sono rigorosamente domiciliati nella città metropolitana di Venezia o residenti in Veneto.

Tanti hanno già al loro attivo mostre e premi e qualcuno non direbbe di no a un periodo più lungo della "residenza", che non prevede che lo studio diventi casa. Insomma, si lavora ma non si dorme. Ma nei fatti un anno è considerato sufficiente per aprirsi a nuove mete, a nuove strade. "Negli ultimi anni non abbiamo mai ricevuto richieste di rinnovo per un altro anno. Il periodo è considerato sufficiente" spiegano i curatori Stefano Cecchetto e Stefano Coletto. Sono finiti i tempi di artisti che rimanevano negli atelier per anni, con il record di Juti Ravenna titolare dello studio dal 1923 al 1948. Non è cambiato, invece, quel senso di comunità, di appartenenza. Al Carminati, si mangia e ci si confronta attorno a una grande tavola, in attesa anche dell'arrivo di curatori o galleristi. La Bevilacqua La Masa, che lungo la sua storia centenaria ha passato varie fasi di governance sotto l'egida del Comune, insomma, non ha perso di vista la sua vocazione dedicata "alla promozione della produzione artistica dei giovani, alla loro formazione e al confronto con il mercato dell'arte", come ha ricordato il presidente Bruno Bernardi.

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