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Ruby: domiciliari a Fede, 'in carcere soffrirebbe'

Giudici Sorveglianza, 'così sconti la pena, no a disumanità'

 Deve scontare la pena in "detenzione domiciliare" Emilio Fede condannato ad aprile in via definitiva a 4 anni e 7 mesi per il caso 'Ruby bis'. Lo ha deciso oggi il Tribunale di Sorveglianza di Milano che ha accolto una delle istanze dell'avvocato Salvatore Pino. I giudici, infatti, osservano che l'ex direttore del Tg4, per il quale era già stato sospeso l'ordine di carcerazione nei mesi scorsi, ha 88 anni, soffre di "alcune patologie" e il carcere per lui "andrebbe contro il senso di umanità", perché da detenuto sarebbe sottoposto ad "una enorme sofferenza". Fede rischiava di essere l'unico dei tanti coinvolti nel caso Ruby a finire in carcere a distanza di oltre otto anni da quando è esploso l'affaire delle serate a luci rosse nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore. Già il 12 aprile, però, per il giornalista, condannato per aver favorito la prostituzione di alcune ragazze spinte a partecipare alle cene del "bunga-bunga" nella residenza dell'ex premier, era arrivata una buona notizia. La Procura generale milanese, infatti, sempre su istanza della difesa, aveva sospeso l'ordine di carcerazione aprendo, dunque, la strada dei domiciliari. Oggi, dopo un'udienza che si è tenuta due giorni fa, i giudici della Sorveglianza (Gaetano La Rocca, Maria Paola Caffarena e due esperti) in prima battuta hanno respinto la prima richiesta della difesa del giornalista di "differimento dell'esecuzione della pena". E hanno accolto, invece, l'istanza per i domiciliari perché, scrivono nel provvedimento, la detenzione in carcere per lui, che ha più di 88 anni ed è malato, "andrebbe contro il senso di umanità che deve comunque connotare l'esecuzione della pena nel rispetto della dignità della persona".
   

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