"Io voglio giustizia per la mia
bambina. Quel giorno eravamo in casa in due e io sono
innocente". Così Elena Romani, a margine del processo d'Appello
per il caso di Matilda Borin, la figlia della donna che il 2
luglio 2005, a 23 mesi, morì in una villetta di Roasio
(Vercelli) per un violento trauma alla schiena.
Il processo in Corte d'Assise d'Appello, a Torino, si è
aperto oggi. Sul banco degli imputati, con l'accusa di omicidio
preterintenzionale, c'è l'ex compagno della mamma, Antonio
Cangialosi, assolto nel dicembre 2016 - con rito abbreviato -
per non aver commesso il fatto. L'uomo, già prosciolto una prima
volta, è nuovamente finito sotto processo dopo che la Cassazione
ha annullato la decisione del gip di non doversi procedere nei
suoi confronti, accogliendo il ricorso dei legali della mamma
della piccina. Nell'udienza di oggi si è avvalso della facoltà
di non rispondere. "Non so perché l'abbia fatto, bisogna
chiederlo a lui", commenta la Romani, assolta in via definitiva
nel 2012.
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