(ANSA) - ANCONA, 10 DIC - La ricostruzione post terremoto nelle Marche non dovrà essere solo materiale, dei danni subiti, ma dovrà interessare il tessuto economico e sociale, orientando lo sviluppo dell'intero sistema regionale. E' quanto viene delineato nelle strategie delineate dal Patto firmato presso la Regione Marche. Il documento sintetizza gli orientamenti e il lavoro avviato dall'Assemblea legislativa con la ricerca realizzata dai quattro atenei marchigiani (con la collaborazione dell'Università di Modena-Reggio Emilia): "I nuovi sentieri di sviluppo dell'Appennino marchigiano dopo il sisma" e la proposta "Verso il Patto per la ricostruzione e lo sviluppo" che la Giunta regionale ha affidato all'Istao (Istituto Adriano Olivetti). Le due strategie si sono sviluppate in maniera sinergica, contaminandosi reciprocamente. I settori operativi individuati sono otto: servizi sociali e sanitari, competitività e innovazione, green economy, sicurezza del territorio, valorizzazione del patrimonio (ambientale, storico, culturale), mobilità, ricerca e nuove competenze, riduzione del divario digitale. Vengono stimati investimenti per due miliardi di euro e una ricaduta occupazionale di 9.500 unità lavorative. Le risorse coinvolte, orientate secondo le finalità del Patto, sono quelle nazionali ed europee destinate alla ricostruzione, quelle della nuova programmazione europea 2021-2027, quelle nazionali aggiuntive. L'area marchigiana interessata dal sisma del Centro Italia del 2016, detta "cratere", si estende per circa 4 mila chilometri quadrati e rappresenta il 40% del territorio regionale. Include 87 Comuni, per una popolazione di 313 mila abitanti, par a circa il 22% di quella regionale. Due Comuni appartengono alla provincia di Ancona (35mila abitanti), 46 a quella di Macerata (184mila), 17 a Fermo (26mila), 22 ad Ascoli Piceno (103mila abitanti). L'area del cratere è meno densamente popolata (88 abitanti per kmq), con un'età media della popolazione superiore per la maggiore presenza di anziani. Coincide, in gran parte, con le aree interne dell'Appennino, già scarsamente attrattive per la carenza dei servizi essenziali e delle opportunità occupazionali.(ANSA).