(ANSA) PALERMO, 31 MAR - La pensione degli avvocati è
svincolata dai contributi versati. E' legittima la pretesa
contributiva della Cassa forense anche se il professionista
riceverà meno di quanto versato. Lo afferma la Corte
Costituzionale nella sentenza 67/2018, depositata ieri e diffusa
da Il Sole 24 Ore, che prende spunto dal caso di un avvocato
palermitano, ex dipendente Inps, che alla fine del proprio
rapporto di lavoro aveva percepito una pensione a decorrere dal
2007, transitando nello stesso anno nell'albo ordinario degli
avvocati. Dopo avere comunicato i propri redditi professionali e
versato il solo contributo obbligatorio in misura fissa annua
all'ente previdenziale di riferimento, l'avvocato ha richiesto
la vera e propria iscrizione alla Cassa solo 4 anni dopo, dal
settembre del 2011. Alla fine del 2012, Cassa forense ha emesso
un provvedimento che determinava l'iscrizione retroattiva dal
2007, richiedendo quasi 80mila euro a titolo di contributi
arretrati, sanzioni e relativi interessi. Nel 2014, al primo
grado del giudizio promosso contro la Cassa forense e svoltosi
presso il foro di Palermo, il giudice del lavoro ha sollevato la
questione di illegittimità costituzionale per violazione degli
articoli 3, 38 e 53 della nostra Carta. L'avvocato sottolinea
l'iniquità delle pretese della Cassa, il cui regolamento delle
prestazioni previdenziali non consentirebbe ai contributi
accantonati di tradursi in una prestazione, per via della esigua
contribuzione accantonata, in violazione del principio della
capacità contributiva garantito costituzionalmente; a parte la
sanzione esagerata. La Corte costituzionale ha cassato entrambi
i ricorsi sottolineando la struttura solidaristica del sistema
previdenziale della Cassa e giustificando che la pensione possa
non corrispondere direttamente alla contribuzione versata dal
titolare. (ANSA).