(ANSA) - CITTA' DEL VATICANO, 17 MAG - Le parole accorate del
Papa sul missionario italiano rapito in Niger, padre Pierluigi
Maccalli, "infrangono qualsiasi alibi: chi ha ruolo e strumenti
per intervenire non può più relegarlo in fondo alla scaletta
delle priorità". Lo afferma Alessandro Monteduro, direttore di
Aiuto alla Chiesa che Soffre, la fondazione pontificia che dal
momento del rapimento ha sostituito su tutti i social il proprio
logo con la foto del missionario affinché il suo caso non venga
dimenticato. "Sono passati otto mesi dal rapimento di padre
Maccalli. E' una ferita per la comunità cattolica, tanto più
dolorosa perché il missionario sembra appartenere alla categoria
dei sequestrati di 'serie B'. In alcuni servizi giornalistici
dedicati ai connazionali rapiti il suo nome è stato addirittura
omesso. Anche per questo sui profili social Acs - ricorda
Monteduro - ha sostituito il proprio logo con la foto di padre
Gigi. Le odierne parole del Pontefice infrangono qualsiasi
alibi: chi ha ruolo e strumenti per intervenire non può più
relegarlo in fondo alla scaletta delle priorità. Tale
indifferenza tuttavia non ci stupisce. Un esempio fra tanti: in
questi giorni nella stessa area del mondo in cui padre Maccalli
è stato sequestrato, in Burkina Faso, si stanno registrando
violenti attacchi omicidi ai danni delle comunità cristiane. Chi
ne parla? Non possiamo più voltarci dall'altra parte, specie in
un mondo in cui anche il terrorismo è globalizzato. Per questi
motivi Acs - conclude Monteduro - continuerà a fare eco alle
parole del Pontefice su Padre Gigi e sui tanti cristiani che, in
molte nazioni del mondo, continuano a soffrire e morire solo
perché cristiani".(ANSA).