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Cristiani: 300 mln in Paesi persecuzione, 1 ogni 7

Rapporto Acs, "preoccupa l'aumento dell'ultra-nazionalismo"

    Sono 300 milioni i cristiani che vivono in terre di persecuzione, di fatto uno ogni sette, in uno scenario mondiale che negli ultimi due anni ha visto aumentare le violazioni della libertà religiosa in molti Stati, portando a 38 (su 196) il numero complessivo di quelli in cui tale diritto non è garantito se non del tutto calpestato. In testa ci sono la Corea del Nord, l'Arabia Saudita, la Nigeria, l'Afghanistan e l'Eritrea, ma violazioni e discriminazioni pesanti ci sono pure in India, Cina e Pakistan con un "preoccupante" aumento del nazionalismo aggressivo ai danni delle minoranze "degenerato a tal punto da poter essere definito ultra-tradizionalismo".

    Lo dice la 14/a edizione del Rapporto sulla libertà religiosa elaborato dalla fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre, che ogni due anni fa il punto sul grado di libertà di fede di cui ogni gruppo religioso ha goduto nel periodo esaminato. Vittime delle persecuzioni religiose non sono solo i cristiani, ma secondo quanto emerge dal Rapporto i cristiani continuano ad essere il gruppo di fede maggiormente perseguitato nel mondo. I 38 Stati individuati sono distinti dagli analisti di Acs in 21 in cui la persecuzione è "feroce" e 17 che si 'limitano' a discriminare. Nella prima categoria figurano la Corea del Nord, l'Arabia Saudita, la Nigeria, l'Afghanistan e l'Eritrea dove la situazione è talmente grave da non poter peggiorare. "Il 61% della popolazione mondiale - ha spiegato il direttore di Acs, Alessandro Monteduro - vive in Paesi in cui non vi è rispetto per la libertà religiosa, nel 9% delle nazioni nel mondo vi è discriminazione, e nell'11% degli Stati vi è persecuzione. Dati che ci inducono a dire con convinzione basta a quell'idea per la quale la libertà religiosa non sia percepita come un diritto umano prioritario".

    Un faro obbligato il Rapporto Acs lo accende sul Medio Oriente, teatro dell'offensiva dell'Isis. "La sua disarticolazione sul piano militare in Iraq e in gran parte della Siria - avverte - è una grande opportunità per il presente, accompagnata da un rischio. Se è in atto un processo di reinsediamento di alcune minoranze religiose come cristiani, sciiti e yazidi, il rischio è la possibile sottovalutazione della natura della minaccia attuale". Sconfitta dell'Isis, insomma, non significa tramonto del jihadismo. Un'altra minaccia riscontrata è quella del rafforzamento del nazionalismo aggressivo ostile alle minoranze religiose, additate come straniere e sleali nei confronti dello Stato.

    E' il caso in particolare dell'India, dove nel 2017 sono stati compiuti 736 attacchi contro i cristiani, con un netto aumento rispetto ai 358 del 2016. Ma anche della Cina dove il governo ha introdotto nuovi 'regolamenti sugli affari religiosi', che impongono ulteriori restrizioni ai gruppi religiosi, le cui attività sono limitate ad alcuni luoghi specifici e ai quali è proibito l'accesso a diverse forme di presenza online. Tra il 2014 e il 2016, inoltre, le autorità della provincia di Zhejiang hanno rimosso forzatamente migliaia di croci dalle chiese e distrutto o danneggiato un numero di chiese che secondo le stime più caute oscilla tra le 1500 e le 1700.

    In Pakistan gli estremisti determinati a trasformare il Paese in uno stato islamico si oppongono alla riforma della controversa legge sulla blasfemia mentre in Corea del Nord, dove pure papa Francesco potrebbe recarsi presto in un viaggio senza precedenti, i gruppi religiosi sono percepiti come una minaccia al culto personale della dinastia Kim e del regime. Nemmeno l'Europa è esente da violazioni alla libertà religiosa. Qui a essere più nel mirino sono gli ebrei con un aumento dell'antisemitismo documentato in Francia, dove la comunità ebraica è la più popolosa d'Europa con 500mila appartenenti.

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