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Tibhirine, 'spirito dialogo sopravvive'

Saranno beatificati 8 dicembre.Il racconto di fratel Jean-Pierre

(ANSA) - CITTA' DEL VATICANO, 19 NOV - "Abbiamo imparato l'arabo e recitavamo insieme il Padre Nostro in questa lingua. I nostri vicini musulmani erano nostri amici, formavano davvero una famiglia con loro, nel rispetto delle nostre rispettive tradizioni religiose": a parlare è fratel Jean-Pierre Schumacher, uno dei due religiosi sopravvissuti alla strage di Tibhirine, in Algeria, del 1996. Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996 un commando armato irruppe nel monastero di Notre Dame dell'Atlas, sequestrando sette monaci, tutti di nazionalità francese. Il rapimento fu rivendicato dal Gruppo islamico armato che, dopo inutili trattative, li uccise il 21 maggio dello stesso anno. Ma "lo spirito di Tibhirine è vivo" assicura il frate trappista.
    Fratel Jean-Pierre era nella sua stanza e fu "dimenticato" lì dai terroristi grazie al coraggio del custode musulmano che alla domanda del commando rispose che i monaci del convento erano solo sette, e non nove, quanti in realtà erano presenti in quel momento. Lo racconta in una intervista contenuta nel libro "Semplicemente Cristiani. La vita e il messaggio dei beati monaci di Tibhirine" di Thomas Georgeon e Francois Vayne, per la Libreria Editrice Vaticana, che viene presentato oggi in Vaticano.
    I monaci di Tibhirine saranno beatificati, per volere di Papa Francesco, l'8 dicembre a Orano, in Algeria. In tutto saranno 19 i martiri che diverranno beati perché pagarono con la vita la scelta di restare accanto al popolo algerino durante quei difficili anni.
    Fratel Scumacher vive ora in Marocco nella piccola comunità di Nostra Signora dell'Atlante, che ha preso il posto di Tibhrine nel Maghreb. Racconta che quella notte del rapimento guardò tutto dalla finestra della sua stanza senza poter fare niente. Non era la prima volta che gli islamisti armati, "i nostri fratelli della montagna", si recavano in quel monastero.
    "Luc - dice riferendosi al confratello medico, che fu preso e ucciso con gli altri - curava i 'ribelli' nell'amore di Cristo per chiunque soffre". E invece quella notte i ribelli "non hanno bussato alla porta della foresteria perché andassi a cercare Luc, il medico". Cosa è successo allora? "La storia lo dirà un giorno", risponde il religioso nell'intervista con Francois Vayne, giornalista francese che è nato e ha vissuto fino all'adolescenza in Algeria, dove ha conosciuto i monaci di Tibhirine. Fratel Jean-Pierre assicura che di quella storia di dialogo e amicizia con i musulmani non è andato tutto perduto. E si cerca con pazienza di ricostruirla nella comunità ora ricostituita in Marocco: "Lo spirito di Tibhirine è vivo, venite e vedete!".(ANSA).
   

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