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'Primavera di Praga' in cento scatti d'autore

Esposizione all'Istituto italiano di cultura

19 aprile, 17:29
(di Marco Patricelli) (ANSA) - PRAGA - La 'Primavera di Praga' in cento scatti d'autore: è più di una mostra fotografica e di una semplice rievocazione 'Praga 1968', la ricca esposizione ospitata nei saloni dell'Istituto italiano di cultura che mette insieme brandelli di storia passati davanti all'obiettivo e fissati su pellicola dal cecoslovacco Pavel Sticha, dallo svedese Sune Jonsshon e dagli italiani Carlo Leidi e Alfonso Modonesi.

L'iniziativa, voluta dall'ambasciatore Aldo Amati e dal direttore Giovanni Sciola, si inserisce nel novero delle celebrazioni dei cento anni dalla nascita della Cecoslovacchia e del cinquantennale del tentativo di un "socialismo dal volto umano" schiacciato dai cingoli dei carri armati del Patto di Varsavia inviati da Leonid Brezhnev.

Un'epoca che ha segnato profondamente non solo la storia d'Europa, ma anche le coscienze degli europei, molto più di quanto avvenuto a Budapest con la rivolta del 1956. Proprio agli inizi del 1968 i cecoslovacchi avevano tentato di svincolarsi dall'ortodossia sovietica imposta dal Cremlino, varando un Programma che aveva nel segretario del Partito comunista cecoslovacco, Alexander Dubcek, e nel presidente Ludvik Svoboda, due politici determinati a introdurre nel sistema una decisa riforma dell'economia, la progressiva separazione del ruolo e del potere del partito dagli organismi istituzionali e dal governo, nonché elementi di democrazia, di liberalismo e di libertà d'espressione. La Cecoslovacchia conosceva la democrazia avendone adottato forme e sostanza prima e dopo la seconda guerra mondiale, fino alla presa di potere dei comunisti nel 1948. Anche Luigi Longo, segretario del Pci, a maggio mostra di apprezzare la linea adottata a Praga.

A maggio il "Manifesto delle 2000 parole" redatto dallo scrittore Ludvik Vasulik riceve vaste adesioni dal mondo della cultura, dell'arte e dello sport. Sembra aprirsi una nuova stagione di speranza. Ma Mosca non sta a guardare. Il 7 luglio la 'Pravda' lancia un sibillino ammonimento a Praga e la stampa della Ddr è ancora più diretta, scrivendo di "rischio imperialista" e di "controrivoluzione". Il 19 agosto Brezhnev manda una lettera a Dubcek in cui esprime "profonda insoddisfazione" per quel che sta accadendo in Cecoslovacchia.

Alle 23 del giorno dopo, 20 agosto, i panzer e i soldati di Urss, Polonia, Repubblica Democratica Tedesca, Ungheria e Bulgaria invadono la Cecoslovacchia. Il Partito comunista riesce ad approvare il Programma d'azione delle riforme in una riunione d'urgenza del XIV Congresso convocato in una grande fabbrica alla periferia di Praga.

L'Urss soffoca le manifestazioni pacifiche di piazza e ogni tentativo di deviare dal sistema. L'ultimo atto si ha il 28 ottobre, anniversario del cinquantesimo della nascita della Cecoslovacchia, quando alcune centinaia di giovani marciano con le bandiere nazionali verso l'ambasciata dell'Unione Sovietica: quando la polizia interviene, in strada sono migliaia e migliaia. E sono ancora di più lungo la via Narodni, quella del Teatro nazionale dove la rappresentazione di un'opera in onore del presidente Svoboda diventa una gigantesca manifestazione di popolo. Un lungo e scrosciante applauso accoglie Svoboda, un assoluto e commovente silenzio l'esecuzione dell'inno nazionale.

Non ci saranno più manifestazioni nella Cecoslovacchia "normalizzata". Ma il 16 gennaio 1969 lo studente universitario Jan Palach arriva a piazza San Venceslao, si cosparge di benzina e si dà fuoco in segno di protesta. Morirà dopo tre giorni di agonia. Il mondo si commuove, ma non basta. L'epopea del "socialismo dal volto umano" è storia. Che la mostra fotografica e il catalogo di tutte le immagini consente di ricostruire, di rivedere, di rivivere col suo carico di speranze e di drammi.

(ANSA).

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