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A Biennale, Vaticano incanta

A Biennale, Vaticano incanta

Prima volta padiglione Santa Sede a mostra architettura

24 maggio 2018, 19:46

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(dell'inviata Silvia Lambertucci) VENEZIA - Con la sua raffinata e complessa struttura in equilibrio, i legni sottili e svettanti ad evocare i tetti spioventi del profondo nord, le lame di luce che lo attraversano, le sedute levigate nel legno, il profumo dei gelsomini che accoglie, la cappella firmata da Norman Foster, una delle dieci che animano il superlativo Padiglione Vaticano curato da Francesco Dal Co, prima espressione della Santa Sede alla Biennale architettura di Venezia (26 maggio-25 novembre) richiama i visitatori a frotte, ad ogni ora il più gettonato, l'architetto sorridente lì ad accogliere il pubblico di questi giorni di anteprima, pronto a stringere mani, a spiegare, illustrare la sua personale idea di spazio per la meditazione.
    Ma nel piccolo, prezioso, parco dell'Isola di San Giorgio, lontano dal caos di Venezia e per tanti anni chiuso al pubblico, ad incantare è forse proprio l'intero percorso nelle tante, diverse, accezioni di spiritualità. Suggestioni di pensiero che improvvisamente animano il verde di questo paradiso particolare affacciato in un angolo di pace della laguna, tra il verde giada dell'acqua, il turchino del cielo, gli alberi delle barche a vela del vicino porticciolo che ondeggiano molli al vento.
    E se molte delle idee realizzate dagli architetti chiamati a raccolta da Dal Co - alcuni molto conosciuti come Forster appunto, o il portoghese Eduardo Souto de Moura, l'italiano Francesco Cellini - incantano, stupiscono, emozionano, in qualche caso addirittura angosciano un po' (come la raffinata cappella con croce del Giapponese Teronobu Fujimori) specializzato nella realizzazione di sale da thé) ce n'è qualcuna che più di altre riesce a toccare le corde della poesia, in una connessione felice tra anima e natura, pensiero articolato e pura emozionalità. E' il caso della struttura apparentemente modesta firmata dall'americano Andrew Berman, realizzata in legno rivestito di plexiglas, il tetto a falde, di fatto una casetta nel bosco semplice e pulita, tutta nera con due gradini che le conferiscono un incredibile equilibrio, il fronte monocolore spezzato solo dal legno povero di una panca, umile, essenziale, ascetica. Ma dove basta sedersi, lo sguardo che corre subito all'acqua e all'orizzonte lontano, per provare la pace interiore e percepire il senso della pura poesia. Completamente diversa l'emozione che comunica la nudità della pietra nella costruzione firmata da Souto de Moura. Qui il panorama non c'entra, si entra nelle viscere della pietra fredda, incastrata a secco con un sapiente gioco di tagli. E la meditazione lascia spazio piuttosto alla spiritualità, al senso dell'essenziale, con il piccolo altare e la croce sottile sottile che pare vergata a matita. Poi ci sono gli esperimenti più estrosi, la panca - croce in acciaio "mirror finish" ideata dalla brasiliana Carla Juacaba con la luce che gioca sulla finitura specchiata e a seconda dei momenti del giorno fa apparire o scomparire il simbolo religioso. Oppure l'ardita, felice, invenzione, dell'australiano Sean Godsell che ha ricreato l'idea di cappella partendo da un container rovesciato e sospeso, l'interno dorato a richiamare la luce che scende dall'alto e un geniale meccanismo di aperture. Cellini ha optato per una struttura pulita e minimale, interamente ricoperta di ceramica, bianca e lucida all'interno asettica come una cucina di grido, nero ardesia all'esterno. Gli spagnoli Eva Prats e Ricardo Flores hanno preferito la muratura a colore e raccontano di aver scelto apposta dove collocarsi, ai bordi del bosco, un'apertura circolare ad est per raccogliere la luce del mattino. Un discorso a parte riguarda il padiglione introduttivo, quello che ospita la mostra di disegni di Gunnar Asplund, l'architetto da cui tutto è partito, autore nel 1920 di una poetica e celebratissima Cappella nel bosco a Stoccolma.
    Progettata da Francesco Magnani e Traudy Pelzel, nasce come un piccolo museo, ma di fatto, con la sua struttura raffinata tutta coperta di legni scuri, tagliati con sapienza ad evocare la copertura della costruzione di Asplund, il gioco di schermi che all'interno ricrea la suggestione della luce spiovente, anche questo piccolo edificio (ogni cappella occupa uno spazio di circa 11 metri quadri) scrigno per i meravigliosi disegni dell'architetto svedese, è un bel posto dove sentirsi in pace. E sarebbe bello se queste costruzioni, pensate per durare il tempo della Biennale, potessero invece rimanere li a San Giorgio, rendendo ancora più suggestivo quell'incantevole, magico bosco sull'acqua.
   

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