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Scoperte a Faida, sulle tracce dell'Impero Assiro

Scoperte a Faida, sulle tracce dell'Impero Assiro

10 rilievi in scavi di Università Udine nel Kurdistan iracheno

ROMA, 10 dicembre 2019, 09:52

Marzia Apice

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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   La roccia che dal passato accende i riflettori sull'impero assiro, fornendo nuove informazioni sulle nostre comuni radici; la meraviglia di maestosi, rarissimi e imponenti rilievi che raffigurano la processione del sovrano in preghiera al fianco di una serie di divinità d'Assiria sul dorso dei loro animali simbolo, dal leone al grifone al toro; una campagna di scavi lunga 7 anni in un sito minacciato da fondamentalismo religioso, vandalismo e modernità, che diventa strumento di cooperazione internazionale e diplomazia culturale.
Sono davvero sorprendenti le scoperte portate alla luce dalla missione archeologica dell'Università di Udine e della Direzione delle Antichità di Duhok, condotta a partire dal 2012 nel sito di Faida, nel Kurdistan iracheno settentrionale, che oggi sono state presentate a Roma.
Guidato dal professor Daniele Morandi Bonacossi e dal dottor Hasan Ahmed Qasim, il progetto italo-curdo (intitolato Land of Nineveh Archaeological Project), è stato finanziato in 7 anni con quasi 1.5 milioni di euro da una cordata di istituzioni e privati (Governo Regionale del Kurdistan-Iraq, Ministero degli Esteri, Regione Friuli Venezia Giulia, MIUR, Fondazione Friuli, ArcheoCrowd, Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo) e non solo ha permesso di approfondire la conoscenza di una terra, la Mesopotamia del Nord, rimasta per tanti anni inesplorata (a causa dell'instabilità politica) ma di compiere una vera e propria missione di salvataggio di importantissimi rilievi rupestri risalenti all'VIII secolo a.C., 10 in totale per ora (il numero però è destinato a crescere).
La storia di questi antichi reperti, grandi pannelli di quasi 5 m larghezza e 2 di altezza ritrovati lungo il canale di Faida, antico canale di irrigazione di quasi 7km fatto costruire probabilmente dal sovrano assiro Sargon (720-705 a.C.), inizia già nel 1972, quando un archeologo inglese del British Museum, Julian Reade, individuò nella zona 3 bassorilievi ma non riuscì a portarli alla luce. Dopo 40 anni, gli archeologi italiani hanno individuato altri 6 bassorilievi, che finalmente oggi sono riemersi dopo una assidua attività sul campo. L'impresa non è stata facile: basti pensare che la zona degli scavi si trova solo a 25 km dalla linea del fronte della guerra con l'Isis, sconfitto nel 2017, inoltre è minacciata dal vandalismo e dall'espansione del vicino villaggio. Il progetto continuerà anche nei prossimi mesi, con la pulizia e il restauro dei reperti, con la prosecuzione degli scavi fatti per ora solo in minima parte (l'area interessata è immensa), e la creazione di un parco archeologico che incoraggi il turismo locale e internazionale.
   "Sviluppare la consapevolezza dell'importanza del patrimonio culturale è la principale missione di progetti come questi: non esiste protezione se i primi difensori non sono gli abitanti del luogo in cui si trova il sito", ha spiegato Daniele Morandi Bonacossi, "questo è un sito fragile, continuamente minacciato, in una zona poco studiata ma centrale nella storia della Mesopotamia e nella storia delle ricerche archeologiche. Ora siamo riusciti a fare una biografia insediativa della terra di Ninive, dalla preistoria più antica fino al periodo ottomano".
"Nell'VIII secolo a.C. l'impero assiro è stato il primo impero globale della storia dell'Uomo", ha proseguito, "i reperti ritrovati sono stati realizzati sicuramente da artisti di corte, tale è la finezza e il dettaglio delle figure: il significato rimanda alla commemorazione dell'attività del sovrano, alla celebrazione del nuovo canale di irrigazione e all'associazione simbolica tra la figura del sovrano e degli dei con l'acqua e il concetto di fertilità. Ma forse c'è anche il richiamo alla Festa del Nuovo Anno, antichissima celebrazione della rinascita della natura".
"Nonostante la zona fosse pericolosa per via dell'Isis, gli archeologi sono rimasti e hanno scavato le nostre radici", ha detto Rezan Kader, Alto Rappresentante Governo Regionale del Kurdistan, "la Mesopotamia è la culla della civiltà: il nostro popolo ringrazia l'Italia".

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