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Verso l’infinito e oltre

Verso l’infinito e oltre

di Chiara Pellegrini, liceo 'Eugenio Montale', Roma

01 febbraio 2015, 18:20

Redazione ANSA

ANSACheck

Venerdì 23 gennaio, a Roma, nella biblioteca di Via Gerolamo Cardano nella zona di viale Marconi, due classi del Liceo Eugenio Montale hanno avuto l’opportunità di ascoltare e intervistare l’astronauta italiano Paolo Nespoli.
Gentile e alla mano, Nespoli ha risposto a interrogativi che da sempre incuriosiscono e affascinano noi giovani: ''nello spazio la gravità è assente, e si trovano elementi che sulla terra non esistono. E’ possibile osservare il pianeta da un’altra prospettiva, ottenendo una visione d’insieme e rendersi conto che siamo tutti “ marinai sulla stessa nave”.

Tra le numerose considerazioni sulla necessità di conoscere, dell’investire sulla ricerca di base senza la quale, dice “ti fossilizzi e diventi un dinosauro”, sui tempi velocissimi dei razzi e sulle distanze infinite che ci separano da pianeti e stelle, l’astronauta descrive anche la sua esperienza umana, quella di un uomo che, davvero, è andato “verso l’infinito e -quasi- oltre” realizzando il sogno che lo accompagnava sin da bambino.

A seguito delle nostre domande, Nespoli si è soffermato nel descrivere le conseguenze che, a livello fisico, interessano l’astronauta sia durante la sua permanenza nello spazio che a seguito del suo ritorno. L’uomo dello spazio può andare incontro a diverse problematiche prima di riadattarsi completamente alla vita sulla terra. Prima di tornare alla normalità, la circolazione può impiegare dei mesi, l’equilibrio manca soprattutto nei primi giorni ed è difficile tornare a camminare.

Molti astronauti hanno riportato danni alla vista, che si pensa siano legati alla diversa pressione presente sulla stazione spaziale, maggiore rispetto a quella terrestre. Nespoli ha affermato che il suo scheletro è più vecchio di lui di dieci anni, ma che sentirebbe le conseguenze di questo cambiamento solo se vivesse fino all’età di centotrenta anni. Infatti, nel corpo dell’astronauta in missione, si attiva un meccanismo biologico che non ripara, ma smantella lo scheletro, provocando nel soggetto una perdita di calcio fino a dieci volte maggiore di un paziente osteoporotico.

Nespoli ha inoltre affermato di essere cresciuto ben otto centimetri durante la sua permanenza nello spazio, e che nel rientrare sulla terra, se non si prendono le giuste precauzioni, si rischia lo schiacciamento delle vertebre. Alla luce dei fatti, dunque , vale davvero la pena di correre tutti i rischi del caso? La risposta la leggo negli occhi e la ascolto nelle parole dell’ingegnere, che ha deciso di spendere la sua vita per la ricerca e la scienza. Mi sembra di riascoltare un tale che, tempo fa, disse:” Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta”.

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