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Brevettata la vita di metà oceano

Brevettata la vita di metà oceano

Proprietà di 10 Paesi, 47% delle sequenze di Dna a una sola azienda

06 giugno 2018, 20:39

Adele Lapertosa

ANSACheck

Brevettate migliaia di sequenze genetiche di piante e animali marini (fonte: Mark Ziembecki, JCU) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Brevettate migliaia di sequenze genetiche di piante e animali marini (fonte: Mark Ziembecki, JCU) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Brevettate migliaia di sequenze genetiche di piante e animali marini (fonte: Mark Ziembecki, JCU) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Non solo piante e semi. Anche le biodiversità delle profondità marine sono ormai in gran parte sotto brevetto e nelle mani di pochi. Le aziende, università e agenzie governative di soli 10 Paesi detengono infatti la quasi totalità dei brevetti di quasi 13.000 sequenze genetiche associate a 862 specie di piante e animali marini. E una sola azienda, una delle più grandi compagnie chimiche al mondo, è proprietaria del 47% delle sequenze. Lo indica sulla rivista Science Advances il gruppo del biologo marino Robert Blasiak, del Centro di resilienza di Stoccolma, specializzato nella Scienza della sostenibilità e nella gestione della biosfera.

Da una banca dati che comprende 38 milioni di registri di sequenze genetiche associate a brevetti, i ricercatori hanno estratto quelli relativi alle specie marine, che appartengono a 559 enti e spaziano dallo sperma di balena alla manta gigante fino al plancton. Alle università appartiene il 12% dei brevetti, mentre alle altre organizzazioni, quali agenzie governative, privati, ospedali e istituti di ricerca no profit, resta il 4%.

Ci sono differenze a seconda dei Paesi, rileva Claudio Germinario, consulente della Società italiana brevetti. "Negli Stati Uniti - spiega  - non è brevettabile il Dna umano o qualsiasi altra sequenza geentica presente in natura, ma solo quello che è stata modificata dall'uomo. in Europa invece qualsiasi materiale che sia stato isolato dal suo ambiente naturale è brevettabile, anche le sequenze genetiche". Ciò fa sì, prosegue, "che vi siano migliaia di sequenze genetiche brevettate, ma devono avere una funzione nota".

Nel caso delle specie marine c'è un problema di lacune giuridiche. A livello internazionale esiste il Protocollo di Nagoya, che prevede una giusta ed equa condivisione dei benefici che derivano dall'utilizzazione delle risorse genetiche e offre protezione dallo sfruttamento di ricerche nel sottosuolo all'interno della giurisdizione nazionale.

Il problema è che i due terzi dell'oceano non rientrano nella giurisdizione dei singoli Paesi. Una buona fetta di tutte le sequenze brevettate (11%), per esempio, è stata ricavata da specie legate agli ecosistemi delle profondità marine, molte delle quali si trovano in aree non regolamentate dalle leggi nazionali degli Stati. "Ciò significa - commenta Blasiak - che per circa la metà della superficie terrestre non ci sono regole sull'accesso e alle risorse genetiche nè sul loro uso". Delle risposte dovrebbero arrivare dal nuovo trattato dell'Onu sulla conservazione e uso sostenibile della biodiversità nelle aree fuori dalla giurisdizione nazionale, che avrà al centro proprio le risorse genetiche marine.

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