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L’epatite C si può curare ma 280mila italiani non lo sanno

Al Congresso Simit si sottolinea importanza dello screening

Milano ANSAcom

L’epatite C è una malattia per cui oggi esistono cure che possono eliminare il virus in poche settimane. Il problema è che, non avendo sintomi specifici, è difficile da individuare, tanto che si stima siano 280mila gli italiani ignari di avere l’infezione. Di questo argomento, come di altri importanti temi, dalla lotta al Covid-19 al contrasto all’Hiv, si è parlato in occasione della ventesima edizione del Congresso Nazionale della Simit, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, in corso al Mico di Milano.
“È partito un programma di screening nazionale, essenziale per cercare di far emergere il sommerso. Questo possiamo farlo solo a livello di particolari setting come i Serd, le carceri, ma soprattutto il grosso sforzo deve essere fatto con le persone con più di 50 anni, che è quella fascia della popolazione che per prima si era infettata agli inizi della diffusione in Italia dell’epidemia” ha commentato Claudio Mastroianni, Presidente Simit e professore ordinario di Malattie Infettive, all’Università Sapienza di Roma.
“L’epatite C è un’infezione oggi guaribile. Abbiamo dei farmaci che permettono di eliminarla del tutto, somministrandoli per poche settimane e senza effetti collaterali - ha aggiunto la dottoressa Loreta Kondili, ricercatore presso l’Istituto Superiore di Sanità -. Il problema è che molte persone che sono infette non sanno di esserlo: si stima che ci siano quasi 280mila persone che non hanno alcun segno, ma che in passato sono state esposte a fattori di rischio, come l’utilizzo di droghe, le trasfusioni di sangue, tatuaggi, interventi chirurgici e trattamenti odontoiatrici quando queste procedure non erano fatte in sicurezza, e circa 100mila le persone con un danno severo del fegato da epatite C ancora non diagnosticato”.
L’Italia è l’unico Paese al mondo che favorisce lo screening, grazie ad un fondo ad hoc da 71,5 milioni di euro inizialmente dedicato alle popolazioni chiave, come utilizzatori di sostanze e detenuti in carcere, oltre alla fascia di popolazione tra i 30 e i 50 anni.
Secondo la dottoressa Kondili “uno screening efficiente per identificare l'infezione da epatite C sarà un vero traguardo che, però, non si deve fermare con il progetto sperimentale in atto. Per eliminare l'epatite C dal nostro Paese lo screening attivo deve proseguire tempestivamente anche per la popolazione oltre i 50 anni e per coloro che presentano fattori di rischio o che hanno un danno del fegato, la cui causa potrebbe essere l'epatite C, ancora non diagnosticata. L’invito alle istituzioni è quello di mettere in atto in modo efficiente lo screening per l'epatite C ampliando le popolazioni che possono usufruirne gratuitamente per raggiungere gli obiettivi dell’Oms, che punta ad eliminare l’epatite C come minaccia della salute pubblica entro il 2030”.
“Il Covid ha ritardato la terapia, la cura e anche i target di eliminazione dell’epatite C - ha concluso la rappresentante dell’Iss -. Una stima da noi effettuata, indica che ci saranno a 5 anni oltre 500 morti Hcv correlati solo per sei mesi di ritardo della cura e dello screening, ora siamo ben oltre! Il messaggio è quello di non fermarsi, di riprendere il ritmo di screening e di terapia perché l’epatite C è una malattia spesso silente ma abbiamo gli strumenti per sconfiggerla”.

In collaborazione con:
Gilead

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