Antiretrovirali uniti a farmaci che potenziano le difese immunitarie per prolungare l'effetto di controllo dell'infezione, e un vaccino preventivo "su cui tra non molto arriveranno novità importanti": questo il futuro della lotta contro l'Hiv. Mentre già oggi, soprattutto all'estero, si punta sulla diffusione della profilassi per evitare il contagio in persone a rischio. A illustrare le prossime tappe della ricerca sull'Hiv è Andrea Antinori, direttore dell'Uoc Immunodeficienze virali dell'Istituto per le Malattie Infettive Spallanzani, che non ha dubbi: "la lotta contro il virus va organizzata a vari livelli e con strategie combinate". Attualmente, per l'Hiv esistono terapie orali da assumere quotidianamente ma è in studio una nuova generazione di farmaci iniettabili a lento rilascio, che permetteranno di diminuire il numero di somministrazioni. "Si tratta - spiega Antinori - di protocolli di cura funzionale. Prevedono l'unione di antiretrovirali e anticorpi neutralizzanti, che vengono mescolati per creare una condizione in cui tutto l'organismo riesce a controllare spontaneamente l'infezione. Parliamo per ora solo di protocolli di ricerca, che non hanno un utilizzo clinico". L'altra grande sfida è il vaccino preventivo, che impedisce di infettarsi, creando un'immunità nella persona: "in questo momento ancora in fase di studio ma rappresentano una prospettiva più realisticamente vicina di quanto non abbiamo avuto in passato". Già oggi invece, soprattutto all'estero, "si punta sulla profilassi pre-esposizione, strumento molto prezioso diretto, come la vaccinazione, ai soggetti sieronegativi a alto rischio di acquisire l'infezione. Questa, unita a un ampio e rapido trattamento dei soggetti positivi, ha permesso una consistente riduzione di nuove diagnosi da Hiv nel Regno Unito, da 9 per 100.000 abitanti a 6". Questo uno dei temi al centro dell'Icar, la Conferenza italiana che ha riunito, a Milano ricercatori, clinici pazienti e attivisti, e dove, a dominare, è stato il messaggio U=U: Undetectable = Untransmittable. "Ciò significa che - chiarisce Antinori - quando il virus è controllato dalla terapia non c'è trasmissione, come ha dimostrato lo studio Partner 2, pubblicato di recente pubblicato su Lancet 2. E questo, conclude, è un antidoto potente contro lo stigma". La lotta all'Hiv, insomma, va avanti. "Il nostro obiettivo dal punto di vista della ricerca - sottolinea Valentino Confalone, general manager di Gilead Italia - è quello di risolvere il problema delle resistenze, sviluppare un trattamento a lunga durata di azione e arrivare alla cura, cioè all'eliminazione del virus dall'organismo", così come oggi accade per i pazienti in terapia per l'Epatite C.
In collaborazione con:
Gilead