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Farsi male da soli, cresce l'autolesionismo tra i giovani

Farsi male da soli, cresce l'autolesionismo tra i giovani

Fenomeno mondiale, ma in Italia tagli e bruciature per uno su 7

14 novembre 2019, 10:02

di Adele Lapertosa

ANSACheck

Farsi male da soli, cresce l 'autolesionismo tra i giovani - RIPRODUZIONE RISERVATA

Farsi male da soli, cresce l 'autolesionismo tra i giovani - RIPRODUZIONE RISERVATA
Farsi male da soli, cresce l 'autolesionismo tra i giovani - RIPRODUZIONE RISERVATA

Tagliarsi, bruciarsi o colpirsi per distrarsi da una sofferenza emotiva che non si riesce a gestire e sopportare: è la molla che spinge molti ragazzi a farsi del male da soli. Un fenomeno in crescita, quello dell'auto-lesionismo, anche in Italia, dove almeno 1 adolescente su 7 vi ricorre, come nel resto del mondo. Secondo una ricerca dell'università del Queensland, che ha passato in rassegna una dozzina di studi condotti tra Usa, Canada e Gran Bretagna e pubblicata sulla rivista Suicide, a farsi male da solo è 1 adolescente su 5.

Di solito il primo episodio avviene a 15 anni, anche se parecchi iniziano un po' più tardi, a 17-18 anni. Poche persone smettono di farlo. Circa 3 su 4 continuano, a frequenza alterna. Per circa il 20% diventa una dipendenza forte e potente al pari di una droga. Anche in Italia è un fenomeno sempre più diffuso, con 1 giovane su 7 che ha compiuto un atto del genere almeno una volta nella sua vita, come rileva Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia.

"Gli studi internazionali ci dicono che il fenomeno è diffuso nel 15% degli adolescenti - sottolinea - è in aumento ed è collegato alla rabbia". Esistono due forme di autolesionismo: una suicidaria e l'altra non suicidaria, "che si diagnostica quando la persona 5 o più volte in un anno si produce dei danni fisici lievi o moderati tagliandosi, bruciandosi, colpendosi o strofinandosi", continua Mencacci.

"L'autolesionismo è una strategia di regolazione emotiva di fronte a ciò che viene vissuto come intollerabile e indesiderabile - conclude lo psichiatra - ferendosi la persona cerca di trasformare la sofferenza emotiva, che non sa gestire, in una sofferenza fisica che lo distrae, sentendosi così sollevato". Secondo lo studio australiano, esistono pochi centri specializzati in terapie sull'autolesionismo, che quasi sempre viene considerato più come un sintomo e non una malattia in se', come la depressione.

E' per questo che le sperimentazioni di terapie sono state fatte in modo un po' confuso. Un nuovo studio condotto a New York ha rilevato l'efficacia di una forma specializzata di terapia parlata, detta terapia dialettica comportamentale, sviluppata per trattare le personalità borderline. Almeno una volta a settimana le persone imparano una serie di abilità per resistere al tormento, in cui il paziente agisce nel modo contrario a cui si sente. Allo Zucker Hillside Hospital è stata provata su 800 pazienti adolescenti, portando ad un calo delle ferite auto-inflitte e del tempo di ricovero in ospedale, già dopo due settimane di trattamento.

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