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Tendenze, orgoglio ‘local’, il territorio vince sulla globalizzazione

Tendenze, orgoglio ‘local’, il territorio vince sulla globalizzazione

In calo multinazionali e centri commerciali, la rivincita di artigiani e negozi di quartiere con beni e servizi autentici

16 gennaio 2020, 20:29

di Agnese Ferrara

ANSACheck

Euromonitor Lanre Da Silva, stilista couturier della Nigeria con tessuti 'Adire ' autentici, foto tratta da twitter LDAworld - RIPRODUZIONE RISERVATA

Euromonitor Lanre Da Silva, stilista couturier della Nigeria con tessuti  'Adire '  autentici, foto tratta da twitter LDAworld - RIPRODUZIONE RISERVATA
Euromonitor Lanre Da Silva, stilista couturier della Nigeria con tessuti 'Adire ' autentici, foto tratta da twitter LDAworld - RIPRODUZIONE RISERVATA

Si ritorna alle radici, almeno quando si sceglie come spendere i propri soldi. Non si compra più a scatola chiusa: non solo vogliamo sapere di più sulla filiera che è alle spalle di un paio di scarpe, di uno snack e una bevanda, di un abito o di un prodotto di bellezza o, ancora, di una vacanza. Ci interessano le radici e la cultura insiti in un prodotto o servizio fatto sul territorio a noi vicino. Non necessariamente che sia fatto nel proprio paese come il made in Italy, sia chiaro, ma nei luoghi di origine quindi che sia autentico. Il crescente bisogno contagia trasversalmente i paesi e le generazioni, in testa la Gen Z ed i Millenials che guardano al valore etico dello shopping. La globalizzazione è costretta alla ritirata?
Le piccole produzioni al posto delle mega fabbriche, le piccole fattorie invece degli allevamenti intensivi, le sarte al posto dei distretti da alto rendimento, i birrifici e le caffetterie di quartiere invece delle company global. L’artigianalità rosicchia fette crescenti di business alle multinazionali. Assisteremo anche alla rivincita dei piccoli commercianti portatori di autenticità e legame col quartiere sui centri commerciali? Lo credono gli analisti di Euromonitor International nel report sui trend dei prossimi anni dal nome inconfondibile 'Proudly local, going global’ in cui si prevede che l’orgoglio locale e il ritorno alle proprie radici diverrà sempre più distinto e rilevante.
Per avere successo bisogna raccontare il valore dei beni e dei servizi sul territorio dicono gli analisti che snocciolano casi emblematici. Non sarà un caso perciò che in Italia ha successo, ad esempio, la Piccola farmacia letteraria, minuscola libreria indipendente di Firenze come i mini birrifici sparsi per la penisola. A Parigi le librerie di nicchia con le recensioni fatte dai librai attaccate sui libri con semplici spilli. A Roma, presso il mercato del quartiere popolare di Testaccio, il chiosco dei panini con l’allesso è affollato a tutte le ore dagli studenti che disertano i fast food. A Milano (e a Londra) le diverse sedi del Caffè Napoli con autentici espressi napoletani schiumosi rubano clienti al global Starbucks. Per non parlare dei coltivatori locali di frutta e verdura che distribuiscono direttamente col 'porta a porta' e delle fattorie delle periferie di molte città della penisola che hanno saputo reinventarsi puntando alle radici ed al rispetto per l'ambiente.
Quale il successo di 'piccoli' imprenditori, artigiani, produttori locali e perfino negozi di quartiere? Essere sensibili all'autenticità, avere una eccellente confidenza con le vendite online ed i social (e un servizio di consegna a casa che riduce i tempi di consegna inquinando molto meno) , assicurano gli analisti. Chi ci riesce inizia a fare gola ai colossi e ai grandi marchi di diversi settori merceologici. Accade così che le multinazionali, dopo i continui attacchi da parte dei consumatori alle produzioni globalizzate che hanno mostrato molte falle soprattutto per lo sfruttamento della manodopera e delle risorse nei paesi più poveri, si appassionano di localizzazione e comprano piccoli birrifici, produttori di cosmetici radicati sul territorio (il fenomeno indie beauty è l'esempio più calzante) o mini fattorie che si sono distinti con brand 'proudly local'.
Si legge nel report che lo shopping locale piace perché supporta la comunità e soddisfa di più gli acquirenti perché dà loro prodotti più ‘vicini’. Oltre il 27% degli intervistati nel Lifestyle Survey 2019 risponde che prova nuovamente a fare shopping nei negozi di quartiere per ritornare alle radici della comunità e l’attaccamento alle radici sale al 32% nel Medio Oriente e in Africa e al 28% nel Nord America. In questi paesi cresce il senso di lealtà verso le comunità e i grandi mool (mega centri commerciali) statunitensi assistono ad un calo di preferenze. “Le persone vogliono connettersi al loro quartiere e supportare i commercianti locali ed indipendenti” ha spiegato Justinas Liuima, analista Euromonitor International.
“I prodotti alimentari e le bevande sono tra le industrie leader di questo fenomeno con l’85% della produzione venduta localmente, - precisa Liumia. – La tendenza local si estende alle strutture e ai processi di produzione. Le mini fattorie che si trovano molto più vicine al consumatore stanno sostituendo le mega fattorie multinazionali, in linea con la maggiore sensibilità della popolazione alle priorità ambientali e alla ritirata della globalizzazione”.
Lo studio elenca fra i fenomeni ‘orgogliosamente’ locali che hanno successo nel mondo come le company africane note per i loro tessuti tradizionali d’autore, come un tipo di seta e cotone ‘Kente’ e i tessuti nigeriani Adir della provincia di Ogun tinti di indaco e riccamente decorati dotati di un sigillo di autenticità ‘Adire Ogun’ che dà al tessuto una forte identità ufficiale e culturale (con tanto di brevetto). A Lagos la stilista Lanre da Silva, couturier della Nigeria, impiega tessuti metallici, pizzi e fantasie Adire. Anche Allbirds, company digitale fondata dall’ex calciatore neozelandese Tim Brown e dall’ingegnere Joey Zwillinger e poi inglobata in una start-up tecnologica californiana , vende in tutto il mondo scarpe sportive, comode e semplici fatte con materiali naturali e local come lana merino (anche italiana), fibre di eucalipto e canna da zucchero.
Anche il turismo sta cambiando e ai classici hotel e guide classiche si affiancano le vacanze vicine ai sentimenti delle popolazioni e alle loro abitudini. L’hashtag #SpendyoursummerinGeorgia calza a pennello con il cambiamento. Nel 2019, ricordano gli analisti Euromonitor, il governo russo annunciò l'intenzione di annullare i voli diretti verso la vicina Georgia e di evacuare i turisti russi a seguito di scontri accaduti avanti al Parlamento della Georgia dove si stava decidendo la scissione di due regioni georgiane. Una campagna, avviata sui social da cinque amiche #spendyoursummerinGeorgia e iniziata come un semplice messaggio inviato ai loro amici stranieri, divenne virale attirando oltre 250.000 turisti in meno di un mese. I visitatori pubblicarono sui social i loro ricordi di queste vacanze raccontando che i locali avevano offerto loro corse gratuite, tour guidate e perfino ospitalità nelle loro case. A questa campagna nata spontaneamente sui social network è seguita anche #spendyourautumninGeorgia.
“I consumatori vogliono connettersi con le tradizioni e la cultura locali. Accada in modo spiccato nei paesi emergenti che stanno divenendo più ricchi e con una classe media emergente forte come l’Africa sub-sahariana e l’Asia orientale. Rifiutano la globalizzazione, non vogliono gli stessi prodotti o marchi di tutti gli altri. C’è il desiderio crescente di connettersi con le radici del mondo, spesso a partire dalla moda, dalla musica e dalla cucina. Questa riconnessione con le proprie origini autentiche è fondamentale. Una occasione da non trascurare da parte dei piccoli produttori, commercianti e anche dalle multinazionali”, si legge nel report.

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