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Da memetica a tecnologia, 7 voci per interpretare la società di oggi

Da memetica a tecnologia, 7 voci per interpretare la società di oggi

Il presente e le parole, spunti di riflessione

PESCARA, 17 novembre 2018, 20:19

di Eleonora Sasso

ANSACheck

Immersi nella nuova tecnologia foto iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA

Immersi nella nuova tecnologia foto iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA
Immersi nella nuova tecnologia foto iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA

Da 'archistar' a 'terremoto', da 'corteggiamento' a 'memetica', da 'economia circolare' a 'specchio': l'interpretazione della società contemporanea passa anche esplorando il significato vecchio e nuovo di vocaboli ed espressioni di uso comune. La sociologa Eide Spedicato Iengo li propone come 'spunti di riflessione dalla A alla Z' nell volume 'Il presente e le parole' (ed. Franco Angeli). E così, raccogliendo, accanto ai suoi i contributi di altri 14 studiosi di varie discipline, finisce per soddisfare le più disparate curiosità. "Alcune voci si impegnano a rispondere alle domande di sempre - scrive nell'introduzione - la vita, la morte, la guerra, la violenza, l'amore, la libertà, il potere, la temporalità. Altre si soffermano sui nuovi orientamenti valoriali e di costume che hanno despazializzato l'esperienza individuale (come face-book o rete), dato luogo a nuove forme cognitive, comportamentali, simboliche, aggregative e, parallelamente, reso vacillanti, in tempi brevissimi, contenuti, appartenenze, sistemi valoriali, comportamenti".

Sfogliando il libro intrigano i titoli 'Famiglia/famiglie/sfamiglie', 'Amicizie erotiche', accanto a 'Tradizioni e patrimonio culturale', 'Machiavellismo', 'Scuola (aggredita)' e 'Umano o non umano? Post-umano o Ibrividuo?'. Ecco alcune riflessioni:

Alla voce 'Fuga', parlando dei giovani che 'fuggono' all'estero, Nando Cianci, già docente e dirigente scolastico, coordinatore del blog www.apassoduomo.it,  scrive: "Nell'uso della parola 'fuga' per definire questo esodo c'è la cattiva coscienza di politici, giornalisti, intellettuali di un insieme di generazioni adulte che ha lasciato andare l'Italia alla deriva, che si è occupata quasi solo di emergenze e di questioni 'politiche' autoreferenziali di conservazione del potere di singoli e di gruppi. Che non ha fatto prevenzione (e perciò non ha favorito la ricerca, che ne è un fondamento essenziale)".

Alla voce 'bullismo' Vittorio Lannutti, docente e  fondatore di Edera, parla del 'peer mentoring', strumento utilizzato nel contesto europeo in associazione al counseling per contrastare e prevenire il fenomeno. "Il peer mentoring si differenzia dal mentoring per il fatto che la funzione di mentor viene svolta non da un adulto, bensì da un altro giovane, generalmente di pochissimi anni più grande del mentee. L'efficacia di questo metodo è emersa in una ricerca svolta nelle scuole britanniche dove viene utilizzato da quasi trent'anni".

Tecnologie e culture è il prezioso contributo di Francesco Iengo, indimenticato docente di Estetica all’Università “G. d’Annunzio” di Chieti. “La superiorità tecnologica può generare ideologie da arroganza, l’inferiorità mitologie da frustrazione – è l’incipit da un saggio pubblicato nel 1999 - Se chi è aggredito per la prima volta da un uomo a cavallo ‘vede’ un Centauro, chi dotato di arnesi di ferro aggredisce un territorio ancora all’età della pietra, non è mai un invasore: è un conquistatore, un colonizzatore o uno scopritore. E’ un invasore solo chi dispone di tecnologie meno efficienti o al massimo uguali a quelle dell’aggredito (…). Ed è in forza di questa ideologia che noi oggi siamo più inclini a vedere l’Occidente invaso da tutto il mondo sottosviluppato, che, al contrario, l’Occidente portare a termine, mediante le sue ultime invenzioni televisione e computer, l’invasione del mondo. Questo è appunto possibile in quanto, mentre l’invasione del sottosviluppo è tuttora soltanto fisica, quella dell’Occidente è essenzialmente tecnologica. Il che, peraltro, da un lato rende quest’ultima enormemente più importante dell’altra, e da un altro lato (in virtù delle nuove tecnologie, a loro volta enormemente più efficienti di quelle meccaniche), rende l’Occidente di gran lunga più imperialista oggi che nel periodo in cui il marxismo lo definì tale”.

 Illuminante la voce curata da Lia Giancristofaro, tra l’altro membro della Società Italiana per la Museografia e i Beni Demo-Etno-Antropologici. Il titolo è “Tradizioni e patrimonio culturale”: “Nella società caratterizzata da scambi indiretti e dal cambiamento veloce, l’attività di tener vive le tradizioni popolari si è esplicitata e si è professionalizzata, fino a diventare una forma di educazione o persino di intrattenimento pubblico. Le nuove tecnologie della comunicazione tendono a creare comunità temporanee e sembrano inadatte a trasmettere contenuti profondi. La circolazione telematica della terminologia ‘indigena’ attualmente si realizza in maniera continuativa e senza costi apparenti, ma non garantisce il rinnovamento e la rielaborazione dei valori delle culture locali nella loro dimensione più intima e domestica. La frizione tra il bisogno popolare di tradizioni e le derive populiste ed etnocentriche che possono scaturire da un uso non mediato delle tradizioni hanno sollecitato lo sviluppo di accordi internazionali riguardanti il folklore, la diversità culturale e il patrimonio immateriale”.

 Simone D’Alessandro, docente di Sociologia, introduce alla “Memetica”: “Nel 1976 Richard Dawkins, biologo e pedagogo pubblica ‘Il Gene Egoista’ e introduce per la prima volta il neologismo ‘meme’. L’autore sostiene che siano i geni a determinare la nostra sopravvivenza (e non viceversa) e che tali geni siano ‘costituiti da molecole in grado di realizzare copie molto fedeli di se stesse’. Egli tuttavia sostiene che anche il sistema culturale sia costituito da unità di misura piccolissime che hanno il compito di replicare se stesse. A tali unità dà il nome di ‘meme’, dal greco mimesis (imitazione), unità di misura dell’informazione culturale. I memi non vengono trasmessi per via genetica, ma per via culturale. Sono idee di base che ‘infettano’ il sistema sociale (del resto lo scrittore William Borroughs già nel 1962 diceva che il linguaggio è un virus) e hanno il compito di replicare se stesse”. L’intervento di D’Alessandro si conclude con una interessante serie di domande: “Esistono i memi dei memi, ossia le unità di misura di base che scatenano tutte le battaglie del mondo delle idee? Esistono cure adatte ad attenuare certe influenze virali dannose per il nostro mondo simbolico? Come si generano i virus mentali del complottismo, del capro espiatorio, del pensiero unico: manifestazioni evidentemente nocive di idee che attaccano il nostro sistema cognitivo, intasandolo? La memetica può dare delle risposte o forse non è anch’essa una variazione memetica già presente in passato nella filosofia del linguaggio e nella semiologia?”.

 Un'analisi del ruolo dell'architettura nella società lo fornisce Massimo Palladini, architetto e urbanista, nella voce 'Terremoto', con riferimento al dibattito sui ritardi della ricostruzione nelle aree del centro Italia. Dopo aver parlato di esperienze di ricostruzione postbellica scrive "Anche nelle aree appenniniche la componente identitaria, per centri antichi ricchi di storia e fascino, esercita un grande ruolo; tuttavia il 'com'era, dov'era', piuttosto che fornire un efficace indirizzo operativo (stretto com'è tra l'adozione acritica di tecniche moderne e la necessità di districarsi nella complessa stratificazione degli insediamenti) sembra ammantare l'incapacità di adeguare a realtà territoriali in crisi già prima del sisma teorie e pratiche della programmazione economica e della pianificazione urbanistica; e rivela una crisi disciplinare dell'architettura, in difficoltà nel confrontarsi con i contesti storici e naturali senza ricorrere al mimetismo o allo scandalo".

 Per concludere, tra i tanti interventi a firma della curatrice, Eide Spedicato, suscita più di una riflessione quello su ‘O come Olfatto (addomesticato)’: “Sono molte le proposte di persuasione dell’olfatto che la contemporaneità sta attivando per ampliare la frontiera del naso, raffinato esploratore delle cose. Tuttavia, qualunque possano essere i risultati, appare chiaro che tali procedure non sono in grado di riprodurre i messaggi di quella memoria olfattiva che consentiva, un tempo, di allacciare la fragranza di un fiore all’immagine di una persona o il profumo di un biscotto ad un’età trascorsa. Il motivo è semplice quanto evidente: perché tali procedure poggiano su percorsi artificiali, falsi, seriali. Voglio dire che la contemporaneità , avendo divorziato dal tempo della natura, ha imboccato la strada bicromatica del bianco e nero olfattivo, ossia di unità monocordi, denaturate, antitetiche al vocabolario capricciosamente cromatico degli odori”.  

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