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1968, noi c'eravamo e ora? L'attualità del movimento 50 anni dopo

1968, noi c'eravamo e ora? L'attualità del movimento 50 anni dopo

Cosa è sessantottino? Dalla Ravera a Toni Negri le voci di allora

21 luglio 2018, 09:08

Redazione ANSA

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studenti protestano davanti al liceo Lucrezio Caro a Roma © ANSA/ANSA/OLDPIX

studenti protestano davanti al liceo Lucrezio Caro a Roma © ANSA/ANSA/OLDPIX
studenti protestano davanti al liceo Lucrezio Caro a Roma © ANSA/ANSA/OLDPIX

Cosa rappresentò quell'anno e cosa è rimasto. A 50 anni da una data fondamentale per la società contemporanea - il 1968 e dintorni - ci si interroga sull'eredità di quel movimento. Ha inciso nella nostra società? L'ha migliorata come era nello slancio di cambiamento dei protagonisti? Massimiliano Giannantoni e Moreno Marinozzi sono tornati ad incontrare alcuni dei protagonisti celebri di quella stagione per ricordare certo e anche per capire cosa sia rimasto, oggi di distanza, di quel movimento ‘insurrezionale’ che ebbe portata globale.  Nello speciale Sky TG24,  “68, noi c’eravamo” (venerdì 20 luglio 2018 alle 21.30 e disponibile su Sky On Demand), ragionano il regista Bernardo Bertolucci, il giornalista Paolo Brogi, lo scrittore e fondatore del movimento giovanile del ’68 Mario Capanna, l’artista Gérard Fromanger, il cantautore e regista Paolo Pietrangeli, il filosofo Toni Negri, e la scrittrice Lidia Ravera. 

Dalle loro parole riaffiorano ricordi, conquiste e speranze del movimento studentesco: dalla rottura degli schemi e il rifiuto dei divieti - alla ricerca di una libertà assoluta -, al pacifismo, all’emancipazione femminile, fino alla paura per l’epoca delle stragi, che influì sulla fine del movimento. Le riflessioni degli intervistati si spostano poi sulla società contemporanea e sui nuovi movimenti che nel mondo stanno sorgendo, come quelli che, negli Usa, si oppongono ad un eccessivo uso delle armi. Alcuni di loro arrivano anche ad immaginare la necessità di un nuovo ’68.

Ecco le loro riflessioni:

Lidia Ravera: “Il ‘68, per le ragazze soprattutto, ha rotto la catena delle galere. Si passava dalla casa del padre alla casa del marito. Poi è arrivato questo taglio netto e siamo evase. Siamo evase in tante, siamo evase tutte insieme”. E ancora: “È sessantottina la raccolta differenziata, è sessantottino pagare le tasse, è sessantottino non reagire al malcostume dei politici diventando noi stessi furbetti o evasori, avere il senso della dignità del proprio lavoro, non essere ossessionati dai soldi, sono tutti modi sessantottini di essere e questo è qualche cosa che secondo me è rimasto”.

Mario Capanna: “Oggi io osservo con attenzione e con gioia questi movimenti dei giovani che invadono Washington contro l’uso pazzesco delle armi. Per ora sono movimenti non rapportabili all’ampiezza planetaria del 68. Però io credo che questo non deve pesare su di loro. Nel senso che sono i giovani di oggi a trovare il loro 68, che deve essere il loro, non quello sovrapposto da qualcun altro, sapendo che oggi, in relazione ai pericoli più gravi e numerosi che minacciano il mondo, un nuovo ‘68 non basterebbe. Occorre qualcosa di più e di meglio”.

Toni Negri: “È inevitabile che succeda qualcosa, perché cosa ci propone l’attuale civiltà liberale? La guerra, il degrado ecologico e spessissimo anche povertà. Quindi è inevitabile che ci sia un altro ’68”.

Bernardo Bertolucci: “Il 68 l’ho vissuto come una rêverie, che non è né il sonno né la veglia, è quello che c’è in mezzo. Un sogno a occhi aperti. C’era questo bisogno di andare contro le convenzioni, contro i conformismi, contro le regole. Di buttare tutto per aria”.

Paolo Brogi: “Se ci sono anticorpi oggi nei confronti della xenofobia, della demagogia e del populismo, forse questi anticorpi vengono da allora”

 Paolo Pietrangeli:  “Io non credo che fossimo cialtroni. Tutto eravamo fuorché quello. Perché la tensione era tanta e il fatto era far parte di un movimento che non era solo di quartiere o di città o di regione o di nazione ma era un movimento di tutto il mondo. Forse qualcosa ricomincia perché non è possibile che tutto si sia spento, non è vero”.

 Gerard Fromanger: “Nel maggio del ’68 noi pittori eravamo gli unici a lavorare all’interno delle fabbriche, lavoravamo giorno e notte per arrivare a realizzare 5-600mila manifesti. Vedevamo arrivare gente da tutta la Francia, a piedi, a cavallo, in macchina, in bici, in moto. Quando hanno saputo dei pittori operai, che gli artisti realizzavano i manifesti gratis, diventò il movimento di un popolo intero, in tutta la sua complessità”.

 

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