Dalle istituzioni che operano in
Italia vantando dubbi accreditamenti internazionali, agli
istituti dediti a sfornare finte lauree ad honorem, quello dei
diplomifici è un vero e proprio mercato parallelo. Una filiera
della truffa a tutti gli effetti.
Ed è proprio in questa area grigia, in cui si altera il
valore e il significato della conoscenza autentica, che si
addentra il volume "Lauree 30 e frode", scritto a quattro mani
da Luca Lantero e Chiara Finocchietti, direttore e vicedirettore
del CIMEA (Centro di informazione sulla mobilità e le
equivalenze accademiche afferente alle reti NARIC - National
Academic Recognition Information Centres dell'Unione Europea ed
ENIC - European National Information Centres del Consiglio
d'Europa e dell'Unesco) ed entrambi esperti internazionali
operanti all'interno della Piattaforma ETINED del Consiglio
d'Europa (Council of Europe Platform on Ethics, Transparency and
Integrity in Education).
Il libro, edito dal CIMEA e la cui prefazione è stata curata
dal viceministro al MIUR Lorenzo Fioramonti, è anche un
vademecum per orientarsi nelle scelte della formazione
universitaria ed evitare di incappare nelle trappole della
"fabbrica dei titoli". Solo guardando all'Italia sono oltre 60
le istituzioni non riconosciute citate dalle circolari del
Ministero dell'Università dal 1988 al 1994, e sono 143 quelle
operanti nel nostro Paese e inserite nel report del Consiglio
d'Europa del '96, ma erano appena 30 dieci anni prima, all'epoca
del primo rapporto dello stesso Consiglio d'Europa. A distanza
di un decennio, infatti, le "diploma mill" in giro per il mondo
sono passate da 700 a circa 1.330. La maglia nera spetta agli
Stati Uniti che ne conta oltre 400, seguiti dal Regno Unito (a
quota 195. "L'internazionalizzazione della formazione superiore
e l'innovazione tecnologica - sottolinea Finocchietti - se da un
lato costituiscono una enorme opportunità per la conoscenza,
dall'altro rappresentano anche l'humus ideale per il proliferare
di pratiche opache, per quanto antichissime, dal momento che ve
ne è traccia già nel Medioevo. È pur vero però che gli strumenti
di contrasto e, quindi, di salvaguardia degli standard di
qualità del processo formativo ci sono e sono efficaci". Per
Lantero, "accanto alla deterrenza normativa serve anche un
approccio culturale diverso".
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