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Greenpeace, agricoltura ha mangiato in 10 anni 50 mln ettari di foreste

L'80% della deforestazione del Pianeta è colpa di queste produzioni

Redazione ANSA

La produzione industriale di materie prime agricole si sta mangiando le foreste del Pianeta; tanto che "tra il 2010 e il 2020 almeno 50 milioni di ettari di foresta, un'area delle dimensioni della Spagna", verranno "distrutti per fare spazio" a queste produzioni. E’ questo il messaggio principale del rapporto 'Conto alla rovescia verso l’estinzione' lanciato oggi da Greenpeace in occasione del vertice mondiale del Consumer goods forum (Cgf) a Vancouver, dove sono riunite "le principali multinazionali del settore alimentare, tra cui Nestlé, Mondelēz e Unilever".

"L'80% della deforestazione globale è causata dall’agricoltura industriale - dichiara Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia - invece di discutere su come agire con urgenza per ripulire le proprie catene di approvvigionamento dalla deforestazione, queste multinazionali sembrano solo intenzionate ad aumentare ulteriormente la domanda di materie prime la cui produzione ha gravi impatti sulle foreste del Pianeta".

Nel 2010 i membri del Cgf - viene spiegato - "si erano impegnati a porre fine alla deforestazione entro il 2020 attraverso 'l'approvvigionamento responsabile’ di materie prime come carne, soia e olio di palma. Ma il 2020 è alle porte e ancora non sembrano esserci i presupposti per il rispetto degli impegni presi". 

Dal 2010, continua Greenpeace, "la produzione e il consumo di prodotti agricoli legati alla deforestazione, tra cui carne, soia, olio di palma e cacao, sono aumentati vertiginosamente e continuano ad aumentare". All'inizio del 2019 Greenpeace racconta di aver scritto "a più di 50 multinazionali chiedendo di indicare i propri fornitori e dimostrare i progressi fatti per eliminare la deforestazione dalle proprie filiere. Nessuna di queste, però, è stata in grado di dimostrare uno sforzo significativo per porre fine al legame tra produzione di materie prime agricole e deforestazione".

Le multinazionali che hanno consegnato a Greenpeace la lista dei propri fornitori "si riforniscono da alcuni dei principali commercianti di materie prime del mondo, come Adm, Bunge e Cargill.

Questi operatori, a loro volta, si riforniscono di soia da aziende agricole accusate di accaparramento delle terre e distruzione del cerrado brasiliano, la savana più ricca di biodiversità del mondo, e di olio di palma da aziende legate alla distruzione delle foreste indonesiane"; solo due multinazionali hanno divulgato "informazioni riguardanti i propri fornitori di cacao, rivelando di aver acquistato questa materia prima da Barry Callebaut, Cargill e Olam, operatori legati alla deforestazione in Costa d'Avorio o in Ghana.

Greenpeace ritiene che "per porre fine a questo scempio sia fondamentale che le aziende e gli operatori di materie prime impongano precise regole ai propri fornitori. Provvedimenti necessari per affrontare con serietà l'emergenza climatica ed ecologica che stiamo vivendo".

"Non c'è tempo per false soluzioni - conclude Borghi - da un lato le multinazionali devono agire immediatamente per ripulire le loro filiere da deforestazione e violazione dei diritti umani, dall'altro anche governi nazionali e Ue devono impegnarsi concretamente".

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