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Responsabilità Editoriale Gruppo Italia Energia

Rischi e opportunità della comunicazione ambientale

I diversi modi per parlare di ambiente

E7, il settimanale di QE - L’ambiente non è più una questione per soli addetti ai lavori. L’opinione pubblica ha cominciato a percepire questo tema come importante per la vita delle persone e questo picco di interesse sta determinando effetti di carattere sociale, economico e politico.

I dati a supporto di questa considerazione sono molti. Tra questi, il fatto che le categorie di notizie più lette in Italia sono “politica”, al primo posto, seguita da “ambiente” e “cronaca”. A rivelarlo è il sondaggio “Newsparade” diffuso un anno fa in occasione delle celebrazioni per il Premio giornalistico internazionale Marco Lucchetta.

Non solo informazione, secondo l’Osservatorio nazionale sullo stile di vita sostenibile di Lifegate, ad esempio, “due milioni e mezzo di italiani vogliono viaggi e vacanze sostenibili” (report di marzo 2018).

Infine lo sport, da sempre volano di messaggi e valori etici. Il 14 aprile a Roma si è svolta per la prima volta una tappa nel nostro Paese della Formula E, competizione tra monoposto alimentate da motori elettrici. Un evento che ha raccolto 30.000 persone sulle tribune del quartiere Eur e quasi 2 milioni di telespettatori che hanno seguito la diretta Tv.

Questi tre indicatori sono alcuni degli esempi che si possono fare per dare evidenza dell’interesse per l’ambiente nel nostro Paese. Un’attenzione che però non dà luogo automaticamente a un circolo virtuoso in termini di effetti positivi sulla società.

In teoria, infatti, il desiderio crescente di un ambiente sano da parte delle persone dovrebbe spingere i decisori politici e istituzionali ad attuare più facilmente strategie di promozione della sostenibilità che, a loro volta, influenzino in chiave “green” l’operato di aziende e imprese del settore.

Purtroppo, tutto ciò è influenzato negativamente da due fenomeni del nostro tempo e del nostro Paese: le “fake news” e la “sindrome Nimby”.

Secondo un’indagine Demos-Coop pubblicata da La Repubblica a dicembre dello scorso anno e condotta su un campione di 1.316 persone, il 40% degli intervistati ha affermato di avere incontrato “spesso o qualche volta” su Internet notizie che si sono rivelate false. Il 23%, inoltre, ha condiviso in rete notizie poi riconosciute come false. Tra le peggiori “fake news” diffuse negli ultimi mesi, in Italia e all’estero, si possono citare quelle legate a salute e politica. Per quanto riguarda l’ambiente, invece, l’esempio più grande ed evidente è la nascita di notizie false a sostegno della tesi negazionista sul cambiamento climatico generato dalle attività dell’uomo.

Per quanto riguarda la sindrome Nimby (“not in my back yard”), invece, si contano in Italia 359 casi di impianti contestati nel 2016 (+5% sul 2015), secondo l’ultima edizione del rapporto Nimby Forum pubblicato nel 2017. Di questi, ben il 56,7% riguardano il comparto energetico (rinnovabili e biomasse in testa). Il problema di questa sindrome è duplice: da un lato il fatto che spesso si dice no a infrastrutture e progetti che potrebbero dare benessere al territorio ospitante perché non se ne conoscono gli aspetti tecnici; dall’altro la tendenza a contestare opere che sono di interesse fondamentale per l’Italia e vanno fatte inevitabilmente per necessità o per vincolo di normativa nazionale o europea.

In conclusione, quando si tratta di ambiente, essere influenzati negativamente da punto di vista scientifico può trasformare il “circolo virtuoso” di cui si accennava prima in un “circolo vizioso” fatto solo di soluzioni temporanee che alimentano nuovi problemi a lungo termine.

 

Il motivo per cui si tende a credere alle fake news e a contestare un’iniziativa che in realtà ha motivi validi per essere realizzata è (anche in questo caso) basato su due aspetti riconducibili alle teorie del cognitivismo in Psicologia moderna.

L’insieme delle credenze che formiamo nella nostra vita e sulla base delle quali formuliamo risposte adattative agli eventi sono determinate dalla congiunzione di un ragionamento logico e di un’emozione a sostegno di quel ragionamento. In quest’ottica, ad esempio, è facile pensare che un qualunque impianto industriale inquini. Se a ciò si aggiunge la naturale paura di ammalarsi, ne viene fuori una falsa credenza sul fatto che vivere vicino a qualsiasi insediamento produttivo determini un rischio altissimo di malattia, a prescindere dagli standard di sicurezza e dalla natura del sito in questione.

Allo stesso modo, anche le possibili soluzioni possono e devono giocare su questo piano. Un esempio è dato dalla grande quantità di spettacoli artistici, manifestazioni e prodotti culturali dedicati al tema ambientale che, oltre a veicolare messaggi di sostenibilità, sono capaci di appassionare attraverso le emozioni. A sollecitare la razionalità, invece, deve essere in primo luogo l’azione di un’informazione scientifica e divulgativa rigorosa, con il sostegno di fonti valide e certificate.

Un’azione sinergica di comunicazione ambientale di cui si sente il bisogno, ma sicuramente difficile.