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Il richiamo di Mattarella,bene comune non è libro Cuore

Il linguaggio come arma, basta svilire il buono a "buonismo"

Redazione ANSA ROMA

(Di Fabrizio Finzi) (ANSA) - ROMA, 17 FEB - C'è un clima generale nel Paese che preoccupa il presidente della Repubblica e che ancora più profondamente disturba il cittadino Sergio Mattarella.
    Un'operazione strisciante nel Paese che ha l'obiettivo di derubricare a torta mielosa ogni atto positivo, a svilire azioni collettive solidali con una terminologia aggressiva costruita su slogan da spin doctor. Una involuzione sentimentale che attraverso tutto il Paese da Nord a Sud e che si manifesta con sempre meno vergogna nei banchi della politica e dell'editoria. E oggi il capo dello Stato ha deciso di dire la sua in una riflessione che si colloca a metà strada tra un richiamo da capo dello Stato e il rimbrotto di un padre ai propri figli. "Sempre più spesso leggo e sento considerazioni piene di ironia nei confronti dei buoni sentimenti. Voglio dire con garbo ma con chiarezza che preoccuparsi del bene comune non è una espressione buonista da libro Cuore. Bisogna tutti attivarsi concretamente per il bene comune, per la solidarietà che porta progresso al Paese", ha detto Mattarella dai saloni del Quirinale, a sorpresa. Non è certamente un caso che il presidente abbia scelto di esprimersi così nettamente proprio oggi, al termine di una lunga cerimonia che ha premiato gli "eroi civili", cioè alcuni dei cittadini che maggiormente si sono distinti per opere e azioni di coraggio, per il loro impegno verso il prossimo o anche per aver mostrato una straordinaria forza di reazione alle avversità.
    Il presidente è apparso particolarmente stanco di un clima nel Paese che tende, attraverso un linguaggio elementare, a svilire rozzamente i valori fondanti della Repubblica, la voglia di aggregazione e finanche i sentimenti positivi dei singoli. Il linguaggio come arma, che con diminutivi o sinonimi prosciuga in un attimo il senso profondo della realtà. Il "buonismo" per denigrare il bene pubblico, ad esempio. I "professoroni" per mettere alla berlina il mondo accademico, per farne un altro.
    Parole che distruggono con poco e che irrompono in un tessuto sociale già disgregato dalla crisi economica e dalla compressione delle tutele sociali. E' l'Italia che vive in pieno quell'"epica del disincanto" descritta dal Censis recentemente. Un Paese che troppo spesso semplifica i problemi declinandoli con il gelido "mors tua vita mea". Parole e comportamenti che alimentano divisioni, che aumentano i fossati sociali e dileggiano i buoni comportamenti, quasi fossero un polveroso orpello del passato. Il nord contro il sud, anziani pensionati contro giovani disoccupati, individualismo che sfocia nella celebrazione del menefreghismo.
    E su tutto questo che si basa la riflessione "urbi et orbi" del presidente che si rivolge non solo alla politica ma anche ai corpi intermedi. Con una particolare attenzione ai giornalisti ai quali ricorda l'importanza della professione. "Raccontare quel che di buono succede nel Paese e' necessario e facendolo si rende un servizio alla verità e un servizio alla Repubblica". I valori sono valori, fa capire il presidente. E non si possono relativizzare, sminuire o disgregarli con l'uso infido della parola. La solidarietà non è qualcosa di fine a se stessa, è, anzi, parte del motore di una società in salute. "Impegnarsi per far superare condizioni di sofferenza, di emarginazione, impegnarsi per la cultura e la ricerca scientifica, adoperarsi per la difesa dell'ambiente, attivarsi per la legalità: questo è ciò che significa avvertire il senso di un destino comune della nostra convivenza in Italia. La convivenza è questione comune.
    La solidarietà - assicura il presidente - consente al Paese di crescere e progredire".
   

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